Concessionari gioco pubblico: nessuna responsabilità se saltano gli indici di solidità patrimoniale anche a causa del Covid-19 – di Roberto Fanelli

Virata la boa del 2020 ed entrati nel nuovo anno, con timori e speranze, si avvicina il tempo dei bilanci, compresi quelli previsti dal codice civile per le società commerciali.
Questo appuntamento ha, da molti anni, sapore speciale per i concessionari del gioco pubblico, per effetto di molteplici obblighi correlati alla loro situazione economico-finanziaria, previsti dall’art. 1, comma 78, della legge di stabilità per il 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220).

Requisiti di solidità patrimoniale

L’obbligo di carattere generale previsto dal predetto comma 78 è quello del possesso e mantenimento “di adeguati requisiti di solidità patrimoniale, individuati con decreto interdirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze” (si veda il D.I. del 28 giugno 2011, recante “Determinazione dei requisiti di solidità patrimoniale, del quadro informativo minimo dei dati economici, finanziari, tecnici e gestionali, delle società concessionarie di gioco pubblico esercitato e raccolto non a distanza, e dei requisiti di affidabilità e onorabilità, professionalità e indipendenza posseduti dagli amministratori, dal presidente, dai procuratori delle società concessionarie stesse”, in G.U. n. 152 del 2 luglio 2011).
Il quadro informativo dei dati economici, finanziari, tecnici e gestionali che dà la rappresentazione della “solidità patrimoniale” dell’impresa si compone dei seguenti “indici”:

a) indice di elasticità dell’attivo;
b) indice di elasticità del passivo;
c) indice di copertura delle immobilizzazioni;
d) indice di autonomia finanziaria;
e) rapporto di indebitamento;
f) idonea patrimonializzazione del soggetto controllante.

Rapporto di indebitamento

Nell’ambito dei requisiti di solidità patrimoniale, assume specifico rilievo il “rapporto di indebitamento” inteso come rapporto  tra:
– posizione finanziaria netta (cioè la differenza tra debiti finanziari e disponibilità liquide)
– e patrimonio netto
che “deve assumere valori non superiori a 4” (v. art. 9, comma 4, del D.I.).
Infatti, come specificato dalla circolare prot. 2011/2236 del 5 agosto 2011 dell’allora AAMS, mentre “gli indici individuati dal D.I. costituiscono un unicum dalla cui valutazione complessiva e ponderata emergono i “requisiti di solidità patrimoniale” richiesti dalla norma” – per cui l’Amministrazione, ai fini del giudizio di congruità, deve valutare “l’insieme degli indici previsti dal D.I., secondo un giudizio ponderato che tenga conto sia della diversa tipologia degli indici stessi sia della struttura societaria del soggetto interessato, sia, infine, della tipologia di gioco (business) e del momento in cui la valutazione viene effettuata” – il rapporto di indebitamento, per espressa previsione della norma (comma 78, lett a), n. 4), deve essere mantenuto “per l’intera durata della concessione … entro un valore non superiore a quello stabilito con decreto interdirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze”. In altre parole, mentre gli altri indici possono singolarmente e temporaneamente presentare valori difformi da quelli prescritti dal D.I., purchè nel complesso i requisiti di solidità patrimoniale siano valutati sussistenti, il rapporto di indebitamento non può mai superare il valore di 4 per l’intera durata della concessione.

Indici di solidità ed emergenza COVID

La citata circolare di AAMS del 2011 precisa, come si è già detto, che la valutazione ponderata degli indici di solidità patrimoniale deve tenere conto, tra l’altro, “del momento in cui la valutazione viene effettuata, ovvero se la stessa si colloca nella fase di avvio di operatività della concessione o nella fase intermedia, ovvero nella fase a regime”.
Lo spunto dato dalla circolare richiede al “valutatore” di tenere conto della attuale situazione di crisi del settore, generata dalla pandemia in atto, a seguito della quale la quasi totalità delle attività di gioco sono state chiuse per oltre metà del 2020.
Potrebbe, quindi, accadere che molti o tutti gli indici indicati presentino, con riferimento al bilancio chiuso al 31 dicembre 2020, valori difformi da quelli richiesti, senza che ciò possa, si ritiene, comportare conseguenze sanzionatorie in capo ai concessionari. E ciò vale anche in relazione al rapporto di indebitamento, pur in presenza della citata previsione legislativa che non sembra prevedere eccezioni.
Nel caso di mancato rispetto degli indici di solidità patrimoniale – ivi compreso il rapporto di indebitamento – sarebbe, infatti, ragionevole, tra l’altro, richiamare i principi di carattere generale sulla “forza maggiore”, che si atteggia come una causa esterna che obbliga il soggetto a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talché viene configurata, relativamente alla sua natura giuridica, nell’ambito del diritto punitivo, come una esimente, in considerazione del fatto che la violazione dipende da eventi imprevisti, imprevedibili ed irresistibili, non imputabili alla persona, nemmeno a titolo di colpa (Cass., Sez. V, 5 marzo 2020, n. 6213; Cass., Sez. VI, 8 febbraio 2018, n. 3049; Cass., Sez. V, 9 febbraio 2018, n. 3194; CGUE, Sez. II, 18 dicembre 2007, n. C-314/06).
In altre parole, l’eventuale mancato rispetto degli indici è dipeso (anche) dalla chiusura del comparto disposta dal Governo per prevenire la pandemia. Nessuna responsabilità, quindi, può essere attribuita ai concessionari perché nessun rimprovero può essergli mosso.
Peraltro, occorre considerare che né la norma istitutiva degli indici di solidità patrimoniale né il D.I. di attuazione prevedono sanzioni derivanti dal mancato rispetto degli indici; del resto, il comma 78, quando ha inteso prevedere la decadenza per determinate violazioni lo ha fatto espressamente (si veda, per esempio, il numero 8) del comma 78, che commina la decadenza nel caso di mutamenti soggettivi del concessionario effettuati senza la preventiva autorizzazione dell’Agenzia).
Tuttavia, specifiche sanzioni possono essere previste dalle convenzioni accessive alle concessioni, come avviene, per esempio, in quella sulla gestione della rete telematica degli apparecchi da intrattenimento (art. 31, lett. s), che commina la decadenza al concessionario che non rispetta gli obblighi di mantenimento dei requisiti di solidità patrimoniale.
L’impossibilità della prestazione causata da “forza maggiore” rappresenta motivo di esonero da qualunque responsabilità, anche di tipo contrattuale, trattandosi nella fattispecie di evento (pandemia e chiusura sale) imprevedibile e inevitabile, non imputabile a colpa dell’operatore economico. rf/AGIMEG