“Siamo stati lasciati a casa senza un avvenire. Io ricevo 500 euro di cassa integrazione, ma pago 650 euro di affitto. Nel primo lockdown sono andata avanti grazie a qualche risparmio ora, in questa seconda fase non posso più vivere. Non voglio la miseria, io voglio lavorare. E’ un nostro diritto. Questo è un sopruso poiché siamo chiusi non per contagio, ma per demagogia. Ci vogliono fare fuori, ma se questo è il piano allora chiudano il gioco e convertano le nostre sale, noi vogliamo solo lavorare. Mi appello alle donne e alle mamme che a Natale e Pasqua erano nelle sale e i nostri figli erano soli a casa, per guadagnare dignitosamente il pane. Lavoriamo nel comparto del gioco legale e non siamo dei delinquenti, questo è quello che la gente deve capire”. E’ quanto ha affermato Lucia Eva Racco che nel corso del primo lockdown si incatenò davanti la propria agenzia scommesse nella diretta con il direttore di Agimeg, Fabio Felici. “Io rappresento il mondo dei dipendenti e faccio appello a tutte le donne: non dobbiamo abbassare la testa, prima si combatte. solo a guerra finita possiamo dire che abbiamo perso, ma dobbiamo combattere e dare l’esempio. Voglio indietro il mio lavoro e la dignità, non vogliamo elemosine. Il nostro lavoro è gioco legale, non dobbiamo dimenticarlo e non dobbiamo mai vergognarci di ciò che facciamo. Noi scendiamo in campo ad oltranza. Non ci muoveremo. Andremo con sacchi a pelo e tende a Montecitorio. Dovranno mandarci via con i carri armati”. ac/AGIMEG