Speciale Valle d’Aosta: la particolare e contradditoria scelta della Regione in tema di gioco pubblico

Negli ultimi anni nel nostro Paese si è assistito ad un progressivo inasprimento degli interventi nei confronti del gioco pubblico. L’emanazione di numerose leggi regionali stanno portando, sotto la bandiera della lotta alla ludopatia, ad una espulsione del gioco legale dai territori. E’ il caso del Piemonte, la cui legge regionale del 2016 – che entrerà definitivamente in vigore il prossimo 20 maggio – eliminerà, a causa della sua retroattività, tutte le attività di gioco, anche quelle aperte prima dell’emanazione della stessa ed espellerà di fatto più del 90% del gioco dal territorio, con disastrose conseguenze per imprese, lavoratori, Erario e regalerà ancora più spazi e risorse al gioco illegale, gestito dalla criminalità organizzata, con i conseguenti costi di carattere sociale.

Ma c’è una regione che il suo 20 maggio, purtroppo, lo ha già vissuto. Si tratta della Valle d’Aosta, regione confinante con il Piemonte, sulla quale già da due anni si è abbattuta la mannaia del legislatore regionale, che ha inizialmente previsto una data di entrata in vigore del distanziometro per tutte le attività legate al gioco, salvo poi tornare sui suoi passi ed anticipare l’entrata in vigore della stessa legge. Oltre il danno la beffa, verrebbe da dire. Ma andiamo per ordine.

Tutto è partito dalla legge regionale n. 14 del 15 giugno 2015 “Disposizioni in materia di prevenzione, contrasto e trattamento della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico”, che andava a modificare la precedente legge regionale n. 11 del 29 marzo 2010 (Politiche e iniziative regionali per la promozione della legalità e della sicurezza), che prevedeva al suo interno una generica “promozione di iniziative per la prevenzione, il contrasto e il trattamento della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico”.

La legge regionale del 2015 invece si è focalizzata dettagliatamente sul fenomeno del gioco, recando disposizioni “volte alla prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco, anche se lecito, alla riduzione del rischio e al contrasto della dipendenza dal gioco d’azzardo, al trattamento terapeutico dei soggetti affetti da gioco d’azzardo patologico”. Nella legge in questione la stretta sul gioco riguarda sia le sale gioco dedicate (sale slot e sale vlt), sia i luoghi nei quali si vende gioco, anche se non in maniera esclusiva, come i bar ad esempio. In questo contesto, l’articolo 4 della legge regionale prevede il divieto di apertura “di sale da gioco e di spazi per il gioco in luoghi che siano ubicati ad una distanza, misurata in linea d’aria, inferiore a 500 metri da istituti scolastici di ogni ordine e grado, da strutture culturali, ricreative o sportive, da strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale, da strutture ricettive per categorie protette e ludoteche per minori, da istituti di credito e sportelli bancomat, da esercizi di compravendita di oro e oggetti preziosi usati, nonché da luoghi di culto”. Di fatto, viene introdotto il distanziometro a 500 metri da una determinata serie di luoghi sensibili, fermo restando che “i Comuni possono prevedere una distanza maggiore da quella prevista (…) e individuare altri luoghi sensibili nei pressi dei quali non è ammessa l’apertura di sale da gioco e di spazi per il gioco, tenuto conto dell’impatto degli stessi sul contesto urbano e sulla sicurezza urbana, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica”. Inoltre si impone che “l’apertura al pubblico ed il funzionamento delle sale da gioco e degli spazi per il gioco sono consentiti esclusivamente nelle seguenti fasce orarie giornaliere: dalle ore 10.00 alle ore 12.00, dalle ore 14.00 alle ore 16.00, dalle ore 18.00 alle ore 20.00 e dalle ore 22.00 alle ore 24.00. I Comuni possono articolare in termini più restrittivi gli orari di apertura e di chiusura degli stessi”. Secondo l’art. 12, tuttavia, a partire dall’entrata in vigore della legge le attività già esistenti avrebbero avuto cinque anni (nel caso delle attività generaliste con all’interno le slot) o otto anni (nel caso delle sale dedicate) per poter delocalizzare, continuando nel frattempo la propria attività, rispettivamente, fino al 2020 e fino al 2023. Ma è a questo punto che arriva la doccia gelata.

Con una nuova legge regionale, la n. 10 del 17 dicembre 2018, viene anticipato il termine di entrata in vigore dello stop alle attività di gioco già esistenti, che invece avrebbero potuto continuare ancora ad operare. Con una clamorosa conversione ad U, infatti, il Consiglio regionale approva una legge che prevede: “i termini di otto e cinque anni per l’applicazione delle misure di prevenzione e di contrasto alla dipendenza dal gioco d’azzardo previste (della l.r. 14/2015 ndr) sono anticipati, rispettivamente, al 1° giugno 2019 e al 1° gennaio 2019”. In altre parole, gli apparecchi di gioco che avrebbero potuto continuare a restare accesi fino al 2020 sono stati spenti a gennaio 2019, mentre le sale dedicate, che avrebbero potuto restare aperte fino al 2023, hanno dovuto abbassare le saracinesche il 1° giugno 2019, con quattro anni di anticipo rispetto alla precedente tabella di marcia. Di fatto, da tale data il gioco legale è stato espulso dall’intero territorio regionale, con disastrose conseguenze per decine di imprese, centinaia di lavoratori ed anche per le casse erariali, visto che lo Stato nel 2019, in Valle d’Aosta, ha incassato dai giochi 70 milioni di euro. Ma c’è un’eccezione.

Se da una parte la lotta al gioco ha portato alla chiusura di sale gioco, sale scommesse e sale bingo, dall’altra il legislatore regionale ha lasciato aperto il Casinò di Saint Vincent, un gigante dai piedi di argilla che da anni necessita di iniezioni di liquidità per tamponare perdite milionarie. Di fatto, si è eliminato un soggetto sano (inteso come insieme di imprese medio piccole, spesso a conduzione familiare, che gestivano il gioco pubblico sul territorio) per salvare la vita alla casa da gioco valdostana di proprietà della Regione (di cui è azionista di maggioranza), una delle quattro autorizzate dallo Stato sul territorio italiano. Due pesi e due misure per combattere la ludopatia, quindi, per una legge regionale che, nelle intenzioni, puntava – a seguito della chiusura delle sale ‘concorrenziali’ al casinò – a rimpolpare le casse della casa da gioco con i soldi dei giocatori rimasti senza una rete capillare sul territorio su cui scommettere. Peccato che le cose non sono andate esattamente così: a distanza di anni, la presenza di attività di gioco sul territorio è (quasi) completamente sparita per gli effetti del distanziometro, mentre il casinò continua a divorare denaro, necessitando di ricapitalizzazioni per decine di milioni di euro, operazioni attraverso le quali si realizza un aumento del capitale sociale per dotare la struttura di nuovi mezzi patrimoniali indispensabili per riequilibrare le perdite. Lo scorso inverno, dopo una lunga serie di istanze di fallimento presentate, il tribunale di Aosta ha ammesso la nuova istanza di concordato preventivo pieno (presentata a fine ottobre dalla casa da gioco di Saint Vincent), nominando un commissario giudiziale ad hoc, che tuttavia ha già messo in chiaro che il soddisfacimento dei creditori sarà garantito solamente da un piano di concordato con un ampio periodo temporale, oltre il 2023. Il mese scorso è stato dato il via libera ad un secondo piano di concordato in continuità, che prevede il pagamento integrale dei crediti prededucibili, il pagamento integrale dei creditori privilegiati ed un soddisfacimento in misura almeno pari all’80% per i creditori chirografari” entro il 2024.

“La Regione, in palese e stridente contrasto con le petizioni di principio costituenti la ‘ratio’ sottesa alla normativa restrittiva via via emanata in materia di gioco lecito, ha continuato incessantemente a finanziare la Casino de la Vallèe”, l’accusa che si legge in uno dei tanti ricorsi presentati al Tar dai titolari delle sale da gioco, che sono state costrette a chiudere. Dunque la Regione Valle d’Aosta “mentre con una mano azzerava legislativamente il settore del gioco lecito esercitato dalle piccole realtà imprenditoriali di settore, con l’altra sosteneva il più strutturato concorrente delle stesse, investendo somme cospicue per rinnovare la dotazione di apparecchi AWP/VLT in dotazione al Casinò regionale e per potenziare l’attività di marketing finalizzata ad accaparrare nuova clientela nel favore dello stesso”.

“Se il problema è la lotta alla ludopatia lo capiamo – racconta ad Agimeg un titolare di una sala dedicata di Aosta – ma allora la legge deve valere per tutti, senza esclusioni. Invece, ad essere penalizzati siamo stati solamente noi piccoli imprenditori, che negli anni abbiamo investito notevoli risorse economiche in un settore lecito autorizzato dallo Stato, mentre il casinò di Saint Vincent – che tra l’altro ha al suo interno anche un bancomat, considerato dalla legge regionale un luogo sensibile – continua ad operare indisturbato, senza contare che se in una slot in un bar si giocano pochi euro, in una casa da gioco si perdono molti più soldi. Il fatto è che la Regione Valle d’Aosta esercita essa stessa quelle attività di gioco lecito che ha legislativamente ritenuto pericolose. Abbiamo avanzato diversi ricorsi, ma nessun giudice ci ha ancora dato una risposta sul tema della espulsione del gioco lecito dalla regione. Perché qui stiamo parlando non di diminuire l’offerta di gioco, ma di espellerlo completamente, con tutto ciò che comporta in termini di lavoro ed occupazione”. cr/AGIMEG