I professionisti dell’ “antigioco” negano l’evidenza. Il vero contrasto all’illegalità è il gioco legale, lo dice la storia! – di Roberto Fanelli

Negli ultimi giorni si stanno moltiplicando gli appelli politici per la salvaguardia delle sale da gioco, colpite da ordini di chiusura, causa pandemia, da quasi un anno. L’argomento principale cui si fa ricorso è il pericolo che, riducendosi il gioco legale, la domanda possa rivolgersi al gioco illegale, spesso gestito dalla criminalità organizzata e/o indirizzarsi verso tipologie di gioco “senza regole”.

Sono argomenti che i difensori del gioco pubblico ripetono da decenni e che, invece, “i professionisti dell’antigioco” negano, sostenendo che il gioco illegale si nasconde anche nell’ambito di quello legale e che, quindi, eliminando il gioco legale si ridurrebbero anche le occasioni per la diffusione del gioco illegale.

Negli ultimi tempi, invece, sono sempre di più coloro che si stanno rendendo conto che la chiusura delle sale legali favorisce il gioco illegale, perché si constata che la domanda di gioco è sufficientemente rigida, tale da ricercare l’offerta laddove questa venga proposta.

Si tratta di “corsi e ricorsi” storici che si ripetono sempre uguali: prima si vieta il gioco, poi ci si rende conto che prolifera quello illegale, quindi si introducono forme di gioco legalizzato per combattere l’illegale, poi l’offerta legale viene ampliata per contrastare più efficacemente il gioco illegale, iniziano le crociate contro la ludopatia (apparentemente, provocata solo dal gioco legale mentre ne sarebbe immune quello illegale), si vieta il gioco e si ricomincia daccapo.

Prova ne sia un simpatico aneddoto che riguarda il gioco più antico, cioè quello del Lotto. In proposito, è utile ricordare che prima del Papa Alessandro VII (1655-1667) i romani potevano giocare al lotto solo all’estero (Napoli, Modena, Genova). Visto che i Romani comunque lo praticavano il gioco venne consentito anche a Roma da Clemente XI e Innocenzo XIII, ritenendo che, in questo modo, potevano almeno essere impinguate le case erariali anziché quelle degli altri Stati. Successivamente, il lotto fu proibito in perpetuo da Benedetto XIII, con editto che il suo successore, Clemente XII, prima confermò e poi abolì, perché non si riusciva a impedire che i romani continuassero a puntare sui lotti esteri: tanto valeva che ne traessero vantaggio le finanze pontificie. Pertanto, il gioco venne nuovamente permesso anche a Roma, fino a quando, constatato che i Romani giocavano anche all’estero, venne addirittura minacciato di scomunica chi ardisse continuare a giocare sui lotti esteri: visto che i cittadini giocavano, avrebbero potuto giocare solo a beneficio dell’erario romano!!

Venendo a tempi più recenti, si osserva che fino agli anni Novanta i giochi consentiti dall’ordinamento erano il Gioco del Lotto (ricondotto sotto l’egida del nuovo Stato dopo l’unità d’Italia), il Totocalcio (introdotto nel secondo dopoguerra), il Totip (concorsi pronostici sulle corse dei cavalli), l’Enalotto (concorso pronostico sui numeri del Lotto), le scommesse ippiche (in agenzia o presso gli ippodromi) le Lotterie differite (la prima fu la Lotteria di Tripoli negli anni Trenta poi vennero le varie Lotteria Italia, la Lotteria di Agnano e altre). Negli anni Novanta si ebbe il primo lancio delle Lotterie istantanee, che conobbero tuttavia un rapido successo e un altrettanto rapido declino, per poi, date in concessione, stabilizzarsi (dal punto di vista della “raccolta”) al secondo posto della graduatoria, dopo il gioco mediante apparecchi da intrattenimento.

Alla fine degli anni novanta vennero legalizzate le scommesse su eventi sportivi, alla luce della enorme diffusione del c.d. “picchetto”, che altro non era che la scommessa clandestina, raccolta “in nero” prevalentemente presso pubblici esercizi. Basti pensare che quello che ancora oggi è il più grave episodio di match fixing (“Scandalo scommesse”), è avvenuto negli anni 1979/1980, coinvolgendo squadre di serie A e calciatori famosi, quindi ben diciotto anni prima della legalizzazione delle scommesse.

Nei primi anni novanta vennero aperte le sale Bingo e introdotte le “slot machine”, dopo aver constatato (grazie al notevole impegno e al lodevole lavoro della Commissione parlamentare “Pedrizzi”) che il Paese era letteralmente “invaso” da centinaia di migliaia di “videpoker” illegali, posti negli esercizi pubblici a disposizione di chiunque (anche minori), senza regole e con controlli insufficienti.

Quanto sopra dimostra in modo incontrovertibile che il gioco illegale esisteva ben prima della legalizzazione del gioco e, se è vero che si nasconde anche nelle pieghe del (nonostante il) gioco legale, senza quest’ultimo avrebbe campo libero e vere e proprie praterie, a beneficio della criminalità organizzata. Se le recenti prese di posizione di molta parte degli osservatori – soprattutto politici – non sono solo strumentali alla attuale situazione (sanitaria e politica), c’è da sperare in un cambio di prospettiva e in un dibattito sul gioco pubblico pacato ed argomentato, scevro da posizioni ideologiche. rf/AGIMEG