Cassazione: “Un pc connesso a siti di gioco illegali non è un videoterminale se non ha lettori di carte di credito e dispositivi per inserire banconote”. Annullata sanzione a titolare internet point. Ecco la SENTENZA INTEGRALE

I normali PC istallati in un internet point non sono apparecchi videoterminali vietati – e pertanto non possono essere sanzionati in base al comma 9 del 110 Tulps – anche se vengono utilizzati per connettersi a siti illegali di gioco. Per rientrare in quella definizione, dovrebbero avere quantomeno dei lettori per le carte di credito e dei dispositivi per inserire banconote e erogare le vincite. Lo afferma la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza con cui annulla – con rinvio – la sanzione disposta nei confronti del titolare di un internet point di Seregno, Monza e Brianza. Gli ispettori dell’ADM nel 2014 avevano effettuato un controllo nel locale, rilevando che 9 computer consentivano non solo di navigare in internet, ma anche – attraverso password e conti di gioco personali – di accedere a dei casinò online privi di concessione italiana. Nei confronti del titolare era quindi stata irrogata una sanzione per 124mila euro, in base alle lettere C e f-ter del comma 9 art 110 Tulps. La Cassazione ricorda che il comma 9 f-ter fa riferimento a “apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni indicate nel comma 6 lettera b”. Questa norma vieta l’istallazione di dispositivi che siano “provvisti quanto meno dello strumento di accettazione di gioco ad opera dell’utente, o di periferiche per il pagamento con denaro o carte”. La macchina deve essere dotata insomma di “periferiche e dispositivi necessari per lo svolgimento del gioco, della connessione per la trasmissione dei dati, nonché dei dispositivi di inserimento, lettura e erogazione di denaro, carte o ticket”. Di conseguenza sono esclusi i semplici computer connessi a internet, anche se consentono di accedere a siti di gioco vietati attraverso l’uso di credenziali personali e conti di gioco. Nel caso – ma questa fattispecie non è stata contestata al titolare dell’internet point di Seregno – i normali PC ricadono nel divieto posto dall’art. 7 comma 3 quater del decreto Balduzzi. La Cassazione ha quindi rinviato la questione alla Corte d’Appello di Milano che dovrà applicare i principi enunciati al caso concreto.

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