Anche se il vero responsabile è presente all’interno del bingo, la sala può essere sanzionata se di fatto l’attività di gestore viene svolta da “un rappresentante non autorizzato”. Lo stabilisce la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, respingendo il ricorso intentato dal titolare della sala. La vicenda risale al 2011, gli agenti di Polizia effettuarono un controllo in una sala del Messinese e vennero ricevuto da un impiegato che si qualificò come rappresentante del titolare e mostrò la licenza di pubblica sicurezza: se “avesse ricoperto la qualifica di mero dipendente, non (ne) avrebbe avuto la disponibilità”, riporta la Suprema Corte. L’uomo inoltre venne indicato come il responsabile anche da una delle impegate “e ciò evidentemente perché dotato, in concreto, dei poteri di fatto propri del gestore”. La responsabile effettiva, un’altra impiegata, era comunque all’interno della sala al momento del controllo, ma non si qualificò come tale. La sanzione disposta nei confronti della sala è stata confermata sia in primo grado che in appello. La Cassazione adesso sottolinea di poter esaminare solamente la legittimità delle sentenze, e che queste pronunce sono state motivate “in modo logico e coerente”. Sottolinea comunque che l’impiegato in questione “pur se sprovvisto della necessaria autorizzazione, agiva e si qualificava nei confronti dei terzi quale soggetto dotato dei poteri di rappresentanza e che tali poteri effettivamente esercitava per delega o, comunque, per assenso” del titolare della sala. Quest’ultimo poi “non ha mai contestato il fatto che il Landro godesse di tali poteri di rappresentanza ed agisse in quanto tale, limitando le proprie difese all’eccezione, puramente formale, dell’asserita presenza” della reale responsabile. Ma questa circostanza “non appare idonea ad escludere la condotta illecita contestata”. lp/AGIMEG