Il titolare di un’agenzia di scommesse ha presentato ricorso in Cassazione per chiedere l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata dal locale G.i.p., in relazione all’imputazione di riciclaggio.
La cassazione ha precisato che “dalle intercettazioni, citate in ordinanza, e dall’analisi dei flussi finanziari, sarebbe emerso che l’indagato ricaricava il conto di gioco on line di Omissis (o versava somme su altri conti o carte di pagamento, anche intestati alla moglie di lui), sapendo perfettamente che i relativi importi non erano destinati alle scommesse, ma erano accreditati solo per consentire a Omissis di ritirare il denaro, rimpiazzato, anticipatamente o successivamente, con somme provento di reato, in funzione dunque della loro “ripulitura”.
“L’ordinanza impugnata illustra, in dettaglio, il meccanismo di “ripulitura” congegnato, e, in base agli elementi emersi, nella piena consapevolezza, in capo a lui, della natura dissimulatrice dell’operazione, astrattamente riconducibile al contestato modello di incriminazione di cui all’art. 648-bis cod. pen. Su quest’ultimo aspetto, occorre rilevare che integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere più difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente, anche bancario o tracciato, che ne schermi comunque la fonte”.
Per questi motivi la Cassazione ha deciso di rigettare il ricorso e confermare gli arresti domiciliari al ricorrente. ac/AGIMEG