“Aprire almeno in zona gialla. Abbiamo dimostrato di poterlo fare nella massima sicurezza, abbiamo investito tanto per adeguarci alle esigenze imposte dai protocolli sanitari”. Le chiusure prolungate di sale scommesse, sale slot e bingo hanno “ripercussioni pesanti su un esercito di 150 mila lavoratori e sulle loro famiglie, ormai in gravissima difficoltà. Su tutta la collettività, sullo Stato, che da quando è iniziata l’emergenza a oggi, ha incassato 5 miliardi in meno di gettito fiscale. Sulla salute degli utenti finali, perché non trovano a loro disposizione un’offerta misurata e contrallata e finiscono per rivolgersi a quella illegale”. E’ quanto afferma Geronimo Cardia, presidente Acadi, in un’intervista a ‘Panorama’, chiedendo una riapertura del settore del gioco legale “almeno nelle regioni in cui hanno potuto riaprire negozi e ristoranti. A tavola ci si toglie la mascherina, se ci si può provare un capo d’abbigliamento non vedo perché non si possa usare una macchina che viene sanificata dopo ogni utilizzo”. Il comparto del gioco genera l’1% del PIL, ha 80 mila punti sul territorio, fa girare i motori di 3200 imprese di gestione ed è stato fermo 9 mesi negli ultimi 12.
“Finché possono aprire solo i servizi essenziali, lo capisco. Ma nel momento in cui si dà via libera a quelli non essenziali, non vedo perchè si decida di lasciare indietro chi è in condizione di operare in piena sicurezza. E’ come se lo Stato decidesse cosa è buono e cosa no. Penso sia necessario smetterla di penalizzare gli imprenditori che non ce la fanno più”. Per Cardia l’assenza del gioco legale sul territorio “si traduce in un favore fatto alla criminalità. La domanda di gioco c’è ed è innegeabile. Molto meglio che sia assolta da soggetti fortemente sorvegliati con scrupolo, che possono muoversi in un recinto stretto di regole e supportano le autorità”. Per il presidente di Acadi si dovrebbe poter riaprire in zona bianca e in zona gialla. “Mentre tante attività dopo il primo lockdown accendevano i motori già da metà maggio, noi siamo andati più che a singhiozzo, con disparità di trattamento tra regioni che pure avevano lo stesso colore politico. In alcuni casi si è dovuto aspettare fino a metà luglio. Davvero, non ha senso, non può succedere di nuovo”. lp/AGIMEG