Bando gioco online: ecco le motivazioni con le quali il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi. Inammissibile la parte sui PVR. Dal costo della concessione all’incremento della tassazione. La sentenza integrale

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, ha emesso una sentenza sui ricorsi presentati da società operanti nel settore del gioco a distanza contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Con l’appello era chiesto l’annullamento della procedura di gara (CIG B4DF5D6BCF) indetta per l’affidamento in concessione dell’esercizio e della raccolta a distanza dei giochi pubblici, come previsto dal decreto legislativo 25 marzo 2024, n. 41, insieme a tutti gli atti connessi, tra cui l’Avviso n. 774403/2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 18 dicembre 2024, le regole amministrative, lo schema di convenzione, le regole tecniche e altri documenti di gara. La sentenza ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e per il resto infondato.

Il ricorso contestava la legittimità della procedura, finalizzata a selezionare i concessionari per il gioco a distanza per un periodo di nove anni, sollevando diverse censure. In primo luogo, ha criticato la determinazione del valore della concessione, fissato in 37.137.464,54 euro, ritenendolo immotivato, indeterminato e sovrastimato, con effetti anticoncorrenziali. Il valore è stato calcolato sommando un corrispettivo una tantum di 7 milioni di euro, previsto dall’articolo 6, comma 5, lettera p) del decreto legislativo 41/2024, e un canone annuale pari al 3% del margine netto medio della raccolta, stimato in 30.137.464,54 euro sulla base dei dati del triennio 2022-2024, con una maggiorazione annua del 20% per la crescita prevista del mercato. Il TAR ha respinto questa censura, sottolineando che “al par.10.1 delle Regole Amministrative, Adm ha esposto il meccanismo di calcolo” in modo chiaro, indicando che “il valore della procedura è parametrato al valore della singola concessione” e che “la scelta di desumere il valore del margine dalla media del mercato è del tutto logica, dal momento che essa è ancorata ad un dato oggettivo”. Inoltre, il Collegio ha ritenuto ragionevole la stima di crescita del 20% annuo, considerando che “il mercato dei giochi a distanza è in rapidissima crescita, anche e soprattutto in ragione della progressiva informatizzazione del mercato delle scommesse; secondo i dati esposti dall’Avvocatura erariale, la crescita della raccolta, nel periodo 2019-2024, è pari al 153%”. La censura sull’errata applicazione dell’articolo 14, comma 4 del decreto legislativo 36/2023 è stata dichiarata inammissibile per genericità, poiché la ricorrente non ha chiarito quale norma avrebbe dovuto essere applicata né come un diverso calcolo avrebbe ridotto il valore della concessione. Il Collegio ha osservato che “a rigore, la pedissequa applicazione dell’art.179, co.1 D.Lgs.n.36/2023 avrebbe condotto Adm a dover considerare, quale valore della procedura, un importo nettamente superiore rispetto a quello rilevato nel bando”.

Tar Lazio

E’ stata anche lamentata la mancata considerazione dell’equilibrio economico-finanziario della concessione, soprattutto alla luce dell’incremento dell’aliquota dell’imposta unica sulle scommesse e sui giochi di abilità (0,5%, e 2,5% per i Virtual Games) introdotto dalla legge 207/2024. Il TAR ha respinto questa doglianza, rilevando che “nessuna delle disposizioni citate dalla ricorrente impone di considerare la revisione del contratto ai fini della determinazione del valore della procedura” e che l’articolo 4 dello Schema di Convenzione disciplina adeguatamente le ipotesi di rinegoziazione. Quanto all’incremento fiscale, il Collegio ha ritenuto che non è stato dimostrato come esso renda insostenibili le condizioni economiche, sottolineando che “l’incremento dei livelli di tassazione, oltre a non essere nella disponibilità della stazione appaltante, costituisce evento del tutto fisiologico e quindi prevedibile, specie in un rapporto contrattuale di durata come quello in esame”.

In via subordinata, il ricorso ha sollevato l’illegittimità costituzionale ed eurounitaria dell’importo una tantum di 7 milioni di euro, ritenuto sproporzionato. Anche questa censura è stata respinta, poiché “la parte ricorrente non fornisce in giudizio elementi probatori idonei a dimostrare la natura anticoncorrenziale dell’una tantum” e perché “appare del tutto ragionevole che l’accesso alla procedura sia assoggettato al pagamento di una fee d’ingresso in termini fissi, dal momento che la stessa, unitamente alle garanzie previste dal Codice dei contratti, rappresenta un indice di serietà dell’offerta e di affidabilità dell’operatore economico”.

E’ stata inoltre contestata l’entità delle garanzie provvisoria (750.000 euro, pari al 2% del valore della procedura) e definitiva (10% del valore della procedura per il primo anno, circa 3,7 milioni di euro), ritenute eccessive a causa dell’errata quantificazione del valore della concessione. Il TAR ha respinto la censura, sottolineando che “respinte le censure in merito al valore della procedura, giocoforza deve respingersi, per necessaria coerenza, quella sull’entità della garanzia provvisoria”. Per la garanzia definitiva, il Collegio ha ritenuto logico che “per la prima annualità di durata della concessione, appare logicamente corretto riferire l’entità della garanzia al valore medio della concessione, stimato dal bando, in assenza di dati oggettivi sull’andamento della raccolta per il singolo concessionario” e che tale previsione risponde alla necessità di garantire l’ADM contro eventuali irregolarità nella gestione di ingenti somme.

Criticate anche le disposizioni sugli investimenti minimi obbligatori, che prevedono per i primi due anni un impegno di almeno 700.000 euro (10% dell’una tantum) e, dal terzo anno, uno 0,03% della raccolta media di tutti i concessionari dell’anno precedente. Il TAR ha ritenuto queste previsioni non irragionevoli, poiché “è evidente la finalità dell’ente concedente di garantire un plafond minimo di interventi, allo scopo di realizzare le finalità per le quali detti interventi sono resi obbligatori in forza dell’art.8, co.1 dello Schema di Convenzione (adeguamento tecnologico, sicurezza del gioco)”. Inoltre, “non è dimostrata l’insostenibilità finanziaria degli investimenti pluriennali richiesti” e l’obbligo trova copertura nell’articolo 6, comma 5, lettera g) del decreto legislativo 41/2024, che prevede la presentazione di un piano di investimenti individuato dall’ADM.

Infine, sono state contestate le previsioni sui Punti Vendita Ricariche (PVR), disciplinati dalla determina ADM del 25 ottobre 2024, ritenendole restrittive e non conformi al decreto legislativo 41/2024. Il Collegio ha dichiarato questo motivo inammissibile, poiché “non è comprovato che le clausole, specificamente contestate in tema di PVR, impediscano finanche la formulazione di un’offerta consapevole e remunerativa”. Tuttavia, esaminando il merito per opportunità, il TAR ha respinto le censure. Ad esempio, sui divieti di materiale cartaceo e affissioni, ha osservato che “i divieti in parola costituiscono presìdi diretti ad attuare i principi fondanti l’intervento legislativo di cui al D.Lgs.n.41/2024, avuto riguardo, in particolare, alle previsioni di cui all’art.2, co.1 lett. f, che esclude al PVR qualsivoglia possibilità di ‘offerta di gioco a distanza’”. Sul divieto di apertura di conti di gioco per titolari di PVR, familiari e dipendenti, il Collegio ha ritenuto che “la previsione, indubbiamente posta a presidio del fondamentale principio di legalità del gioco, fa riferimento ad una nozione rinvenibile nel diritto comune”. Quanto al divieto di collocare PVR in circoli privati, “la previsione non è scevra da ragionevolezza, atteso che l’attivazione dei PVR in locali del tutto privati potrebbe rendere difficoltoso il controllo delle autorità preposte”. Infine, le disposizioni su clausole di esclusiva, onerosità dei contratti, limiti alle ricariche in contanti e divieto di prelievo dai conti di gioco sono state ritenute conformi agli interessi generali, come il contrasto al riciclaggio, poiché “i giochi on line favoriscono l’afflusso di ‘denaro sporco’ riciclato dalla criminalità organizzata”.

In conclusione, il TAR ha respinto il ricorso, confermando la legittimità della procedura di gara e degli atti impugnati. ac/AGIMEG