L’Associazione As.Tro, in persona del presidente Massimiliano Pucci, ha scritto una lettera alla Consigliere Comunale di Trento, Elisabetta Bozzarelli, promotrice della mozione di sospensione delle riaperture delle attività di sale giochi nel comune di Trento. “Il suo articolo ci conferma che, ora che sembra allentarsi l’emergenza COVID-19, i politici che sanno “volare alto” stanno finalmente tornando a concentrarsi sull’”emergenza gioco d’azzardo”: il vero problema che attanaglia il Paese.” Esordisce così As.Tro in piena polemica con l’azione dell’esponente PD, Bozzarelli. “Trovare il capro espiatorio è, di questi tempi, metodo noto e, per certi versi, anche prevedibile, visto l’ormai ineluttabile rinuncia agli spazi di manovra che la politica ha deciso di riservare al suo ruolo. Non c’è quindi nulla di più semplice, per ripristinare “il primato della politica”, messo ancor più in discussione dall’emergenza epidemiologica, che proporre, come primo atto della ripartenza, un’ordinanza che inibisca definitivamente, nel territorio di Trento, l’attività delle sale giochi già chiuse da tre mesi. Si tratta di un tema che – prosegue As.Tro -, se condito da una buona propaganda, suscita poco clamore nella popolazione (la stessa popolazione che, a detta degli stessi detrattori del gioco legale, sarebbe, in realtà, composta per gran parte da ludopatici) ed è anche utile per deviare l’attenzione dalle reali responsabilità, spesso disattese, che il ruolo della rappresentanza politica imporrebbe. Per quanto riguarda il merito della Sua battaglia, per cui ostenta con orgoglio l’eventualità che le sale di Trento non riaprano più (non importa se centinaia di persone rimarranno senza lavoro, piccoli imprenditori compresi), mi permetta di accennare ad alcuni banali principi che dovrebbero ispirare chiunque faccia politica, a qualsiasi livello, in uno stato di diritto a vocazione liberaldemocratica: non è eticamente corretto strumentalizzare una gravissima emergenza sanitaria, che ha provocato decine di migliaia di vittime, per aprire lo spazio a personali battaglie ideologiche; Le attuali normative finalizzate alla programmazione delle aperture sono, o dovrebbero essere, ispirate dal parametro della sicurezza, misurato sull’esigenza di limitare il rischio di contagio da Covid-19 dei dipendenti e della clientela. Le imprese del gioco hanno, su questo punto, già presentato da tempo alle autorità competenti specifici protocolli finalizzati a salvaguardare al meglio tali esigenze, dimostrando la massima disponibilità ad accettare, a tale scopo, importanti riduzioni dell’offerta; Per mettere al bando il gioco legale, obiettivo da Lei auspicato, è necessaria una decisione a livello statale da mettere in atto mediante interventi di natura legislativa e non con atti amministrativi quali sono i DPCM, che possono avere, come in effetti hanno, efficacia temporale limitata, parametrata al prevedibile protrarsi dell’emergenza. Agli inizi degli anni 2000, il legislatore nazionale, legalizzando il gioco e mettendolo sotto l’egida pubblica, fece una scelta motivata da specifiche e chiare esigenze: sottrarre alla criminalità l’offerta di gioco e i rilevanti ricavi che ne costituivano una delle principali fonti di finanziamento; subordinare l’esercizio dell’attività a specifici requisiti personali sottoposti alla verifica e al costante controllo delle autorità di P.S; tutelare il giocatore stabilendo determinati requisiti degli apparecchi che garantissero, tra l’altro, un numero medio complessivo di vincite (superiore a quello delle perdite); impedire con norme severe l’accesso al gioco da parte dei minori; tenere sotto controllo i flussi di denaro che transitano negli apparecchi mediante la rete telematica pubblica, che copre l’intero territorio nazionale, a cui gli stessi devono rimanere collegati; consentire di imporre rigide normative, come quelle vigenti, per impedire il riciclaggio di denaro sporco; garantire, mediante tale sistema di controllo, entrate sostanziose per le casse dello Stato (titolare dell’attività di gioco, esercitata mediante un sistema concessorio). Si tratta di entrate che prima erano interamente appannaggio della criminalità. Un insieme di propositi che, a distanza di circa vent’anni, risultano puntualmente realizzati anche se, questo lo riconosciamo, resta ancora della strada da percorrere per dare piena attuazione al percorso di legalizzazione.” ac/AGIMEG