“Ringrazio i colleghi per i messaggi di solidarietà ricevuti, io sono qui per tutti. Vogliamo tornare a lavorare, oggi l’Italia intera riapre, ci si può spostare tra le regioni, tutti ripartono tranne noi, siamo l’unico settore che non ha ricevuto aiuti, anzi che ha subìto un’ulteriore tassazione”. E’ quanto ha dichiarato ad Agimeg Antonella Di Fiore, lavoratrice di una sala bingo di Milano che da questa mattina ha iniziato lo sciopero della fame davanti alla sede della Regione Lombardia, per protestare contro la chiusura del settore del gioco legale che si protrae da tre mesi. “E’ da stupidi tassarci, siamo chiusi perché il Governo hanno deciso di chiuderci, siamo attività discriminate, ma anche noi abbiamo famiglie da mantenere, affitti e bollette da pagare. Lo stato non solo non aiuta le nostre imprese, ma ci tiene chiusi. Io proseguirò nello sciopero della fame finché il Premier Conte con un DPCM non deciderà di riaprire il settore del gioco. Tenendoci chiusi le nostre aziende arriveranno al fallimento. Ieri – ricorda Antonella – era la festa della Repubblica, la Costituzione dice che l’Italia è fondata sul lavoro, ma noi per poter lavorare siamo costretti a fare lo sciopero della fame. Lo Stato ha liberato i mafiosi e ha condannato noi a stare a casa”.
“Voglio che il Governatore Fontana si renda conte che la Lombardia la portiamo avanti anche noi, siamo la terza potenza economica in Italia. Quello che ogni anno diamo al Governo centrale in termini di tasse arriva anche alla Regione. Gli italiani devono sapere che il settore del gioco dà 11 miliardi di euro all’anno con cui si pagano le spese tra cui il reddito di cittadinanza. Sono contento che l’Italia riparta, ma dobbiamo ripartire tutti. E’ assurdo che il Covid valga solo per il gioco e non per discoteche o piscine”, afferma Antonella.
A sostenere la lavoratrice della sala bingo di Milano altri colleghi, arrivati da Bergamo, con cartelli “fateci lavorare”. “Siamo una categoria sottovalutata, abbiamo bisogno di lavorare altrimenti facciamo la fame, dateci questa possibilità, è un nostro diritto”, afferma una lavoratrice. “Vengo anche io da Bergamo, vogliamo solo lavorare, perché non ci fate ripartire?” dice un altro. “Voglio riprendere il lavoro, vogliamo ripartire soprattutto noi che a Bergamo che abbiamo sofferto molto. I clienti ci chiamano per saper quando tornare a giocare, noi ci siamo già organizzati con le distanze nelle sale, non vogliamo la cassa integrazione ma vogliamo lavorare”, afferma un’altra dipendente di una sala bingo. cr/AGIMEG