Esattamente un anno fa, a Roma, andava in scena la più grande manifestazione nella storia del gioco pubblico. Oltre
5 mila lavoratori del settore si riunirono nel cuore della Capitale, a Piazza del Popolo, per manifestare contro le chiusure imposte dal Governo Conte per fronteggiare l’epidemia da coronavirus. Quella di Roma fu
la prima e la più importante manifestazione del settore ed ebbe il merito di far aprire gli occhi alla politica – che da lì a pochi giorni decise di far ripartire il comparto del gioco pubblico – e diede vita alla stagione delle proteste di piazza, che si susseguirono nei mesi successivi con l’arrivo del secondo lockdown a fine ottobre. A distanza di un anno,
Agimeg ha ripercorso quanto avvenuto in quella data storica con i protagonisti dell’evento. A distanza di un anno, cosa ricordano di quel giorno, ma soprattutto, a distanza di un anno, cosa è cambiato per il settore?
GIANMARIA CHIODO (C.N.I. – Confederazione Noleggiatori Italiani)
“Piazza del Popolo era completamente gremita e finalmente si vide l’intero settore del gioco compatto. Fu il CNI a prendere l’autorizzazione per la piazza, ma decidemmo di non assumere la paternità di tale evento lasciando che si unissero tutte le sigle del comparto. Fu una manifestazione importante anche dal punto di vista delle riaperture, poiché da metà giugno ad inizio luglio ci fu data la possibilità di riaprire le nostre attività. L’obiettivo della manifestazione era quello di incontrare il Premier di allora: Giuseppe Conte. Siamo poi venuti a sapere che il confronto era stato approvato da tutte le forze politiche, ma il Movimento 5 Stelle si oppose e impedì l’incontro. Però, grazie a questa manifestazione, ci siamo messi sulla mappa e abbiamo fatto capire che il settore del gioco legale è composto da persone oneste che vogliono solo lavorare. Devo ammettere che organizzare un evento del genere non fu facile.
Ad un anno di distanza rafforzo la mia idea che la nostra prolungata chiusura è stata imposta per ideologia politica e non per motivi sanitari. Inoltre, devo constatare che questa ideologia si sta rafforzando e quindi, anche in questa fase di riaperture, dobbiamo essere sempre vigili poiché troppo spesso passano regolamenti locali penalizzanti. In questo periodo è anche avvenuto un evento molto positivo, ovvero l’Open hearing dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in cui sono state ascoltate tutte le associazioni di settore in merito al futuro riordino del settore. Sembra che il Direttore Generale, Marcello Minenna, tenga in buona considerazione le nostre idee per mettere a punto un riordino equo”.
ANTONIA CAMPANELLA (E.M.I. Rebus)
“Fu una manifestazione meravigliosa, eclatante, molto partecipata. Un gran segnale per il settore, la prima e vera grande manifestazione del comparto del gioco pubblico che rimane nella storia. Poi la situazione è peggiorata: probabilmente avremmo dovuto comprendere già all’epoca che eravamo trattati come gli ultimi volutamente. Sotto la pandemia ci è stata aumentata la tassazione due volte con leggi regionali espulsive, per il settore attualmente la situazione è peggiorata e non certo migliorata. Lo conferma il fatto di una chiusura imposta e non giustificata. Si è utilizzata un’ideologia politica per strumentalizzare la pandemia, abusando del potere con la decisione di tenerci chiusi. Siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire, siamo stati tassati, non ristorati adeguatamente, esclusi dai ristori regionali. Tutto questo mentre nel resto d’Europa il nostro settore ha riaperto prima di altre attività, come i ristoranti. La politica ha giocato con la vita di noi lavoratori”.
PASQUALE CHIACCHIO (A.G.S.I. – Associazione Gestori Scommesse Italia)
“Ricordo una grande squadra compatta che ha manifestato quel 9 giugno in modo serio, trasmettendo con il cuore la propria preoccupazione per le proprie aziende, lavoratori, famiglie. Da tutta Italia abbiamo avuto una presenza così massiccia nel manifestare un messaggio di grandissima difficoltà al Governo. Per la prima volta eravamo chiusi da 100 giorni e non si conoscevano date certe di riapertura, ma quella manifestazione è stata un segnale importante di comunicazione per l’intera classe politica. Non è un caso infatti che la settimana successiva abbiamo iniziato a riaprire: laddove c’è un messaggio serio, si ottengono risultati.
A distanza di un anno, sono sempre molto critico: all’indomani dell’apertura un po’ tutti si sono dimenticati cosa si era penato per 100 giorni. Invece si è pensato solo ad alzare la serranda, pensando che il virus fosse alle spalle, ma così non è stato. La mia squadra all’indomani della riapertura ha continuato a confrontarsi con la politica, creando contatti importanti con molti gruppi politici. Poi la situazione sanitaria è precipitata, hanno pagato le conseguenze dell’epidemia tutte le attività produttive, ma i primi a chiudere siamo stati noi, così come gli ultimi a riaprire.
Faccio una critica a noi stessi, in quanto dobbiamo cambiare il modo di comunicare alla politica ed alla società civile. Va fatto capire che le risorse prodotte dai giochi legali vengono investiti dallo Stato in opere pubbliche, ospedali, scuole. Il settore del gioco non è contro nessuno, è un’attività come le altre, che rispetta le regole. Per uscire da questa impasse e cambiare tutto bisogna che il settore metta insieme proposte chiare, che arrivino al grande pubblico. Serve cambiare la comunicazione. Oggi senza una legge nazionale paghiamo conseguenze pesanti. Senza puntare l’indice contro nessuno, bisogna portare avanti proposte serie nell’interesse del settore del gioco legale, nessuno escluso, andando oltre gli egoismi di parte”.
ANGELO BASTA (Agire – Associazione giochi e scommesse rete esercenti)
“Quella manifestazione fu un’emozione fortissima, un momento storico indelebile, l’evento più importante non solo numericamente, ma più sentito emotivamente. Era la prima volta che il settore del gioco si fermava per così lungo tempo e si è percepito come, in quel frangente, potesse essere unito. A quella manifestazione ne sono seguite altre, ma il ricordo di quel giorno ci ha fatto capire che, affinché il comparto possa riacquisire dignità, va fatto un lavoro contro l’idea del gioco pubblico come qualcosa di negativo. Bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che un gioco sano e pulito, in determinati ambienti, è una forma di intrattenimento e divertimento, senza alcuna accezione negativa. I fenomeni patologici sono limitati, la quasi totalità delle persone gioca pochi euro in modo responsabile. Il settore deve far capire questo. In questi mesi sono stato a fianco delle donne del gioco legale, che hanno dato un’immagine diversa del settore, facendo vedere al di fuori chi opera in questo comparto, spesso considerato un ambiente di gente non perbene. Invece nel settore lavorano brave persone, tra cui molti giovani che hanno voluto fare impresa, con passione e il sacrificio che questo settore comporta, senza chiedere assistenzialismo.
A distanza di un anno qualcosa è cambiato, ma non più di tanto. Siamo sempre gli ultimi a riaprire. C’è ancora molta incertezza sul futuro, il piano di riordino del comparto non tiene conto delle realtà dei singoli settori, senza contare che non si può fare una programmazione senza un’uniformità territoriale. Per prima cosa il Governo deve riappropriarsi del territorio, c’è ancora molto da lavorare. Non è possibile che ogni Comune imponga i suoi limiti orari alle attività di gioco, così come che una regione cancelli attività che esistono da 20 anni, dei veri e propri espropri non indennizzati. Solamente quando si saranno risolte queste criticità, si potrà affrontare insieme un discorso volto alla specializzazione delle attività di gioco e alla loro professionalizzazione, i gestori sono pronti ad affrontare queste sfide”.
STEFANO SBORDONI (Utis)
“Di quell’evento storico del 9 giugno dello scorso anno ricordo la grande unità del settore del gioco, la compartecipazione completa di tutte le sue componenti unite per lo stesso scopo, così come il senso di frustrazione che emergeva in quel momento per la chiusura delle attività, accentuata dalle difficoltà portate dalla situazione pandemica, ma anche l’ascolto e la disponibilità a sentire e a comprendere questo malessere da parte delle autorità, politiche o meno, invitate a quella grande manifestazione.
A distanza di un anno, quella forza espressa si è un po’ indebolita, non è più così compatta come prima, ma alcune punte di quella forza ancora ci sono ed è un’ottima sensazione. Si è diffusa la consapevolezza della situazione che sta vivendo il settore in tutte le sedi opportune, ma è aumentata la frustrazione proprio per questa consapevolezza, che è percepita ma che non trova uno sbocco”.
MAURIZIO UGHI (Obiettivo 2016)
“Di quel giorno ricordo la grande partecipazione dei lavoratori del settore del gioco, una partecipazione convinta, con la fiducia che il virus potesse effettivamente essere alle spalle, con la convinzione che nel breve si sarebbe riaperto, anche se al momento non vi erano certezze. La compattezza del comparto aveva portato al convincimento che sia l’unione della filiera, sia la risposta delle istituzioni, potessero portare a una quasi immediata riapertura, e così è stato. Di fatto una settimana dopo abbiamo riaperto. Sicuramente quella manifestazione ha inciso nella decisione delle istituzioni nelle riaperture del settore del gioco.
A distanza di un anno, il virus la fa ancora da padrone, ha demoralizzato tanti di noi, c’è stato un momento – da ottobre in poi – di quasi rassegnazione, non tutti hanno voluto continuare a combattere con la stessa energia della piazza di giugno. Anche per questo si sono organizzati movimenti autonomi più freschi e credibili, come il movimento delle donne che ha dato un grande contribuito e messo quell’energia che forse qualcuno di noi aveva lasciato alle spalle. Il virus ha provocato e sta continuando a provocare danni, l’approccio oggi è notevolmente cambiato: prima si era più guerrieri, ora più demoralizzati, con le istituzioni che si sono un po’ addormentate dietro il virus, non possiamo certo essere dichiarati noi responsabili di aver aumentato il contagio, visto che le nostre sale giochi e scommesse sono state chiuse per mesi.
Ritengo che ora, con tutte le riaperture a breve – anche le regioni più in ritardo apriranno in ogni caso il 1° luglio – va messa da parte la rassegnazione e una volta aperti le previsioni sono che non si debba richiudere più, con il virus che ha perso potenza e l’80% di vaccinati stimati a settembre. Mi auguro che questo momento di tranquillità al settore, che possa finalmente essere fuori dall’occhio del ciclone e che possa riprendere la sua crescita con prodotti e sistemi innovativi”.
VINCENZO CERRETO (Lavoratori del comparto del gioco legale)
“I ricordi che ho della manifestazione del 9 giugno 2020 a Piazza del Popolo sono la rabbia e la compattezza dell’intero settore del gioco. Infatti, l’esito della manifestazione fu positivo. Però, a distanza di un anno devo dire che la situazione è critica: ci sono state e ci saranno chiusure e licenziamenti. Dunque, quello che doveva essere un punto di partenza è stato un punto di disgregazione. Ne siamo usciti con le ossa rotte. Ora con la ripartenza ci sarà da pedalare, ma sicuramente il settore, in questo periodo, è uscito sconfitto dal confronto con la politica e sotto altri punti di vista”.
GIUSEPPE SPIRITO (C.G.S.S. – Confederazione Gestori Sale Scommesse)
“Ricordo quel giorno come fosse ieri, dall’organizzazione capillare che abbiamo attuato alle persone coinvolte, a tutti coloro che hanno manifestato. Ricordo la grande condivisione e partecipazione. E’ stato qualcosa di irripetibile. Nessuna delle altre manifestazioni che sono venute dopo ha avuto più quell’eco, è stata la prima dopo tanto tempo ed ha coinvolto tante persone. E’ servita per far unire associazioni che esistevano da tempo ed altre che erano nate da poco. Fu una cosa molto positiva. Poi come a volte capita, strada facendo si sono persi dei pezzi, qualcuno si è allontanato.
A distanza di un anno, la situazione non è migliorata, ma anzi peggiorata. Agli occhi di qualche politico il giudizio verso di noi è sicuramente cambiato, siamo riusciti ad esempio, nell’ultimo periodo, a parlare con esponenti del M5S, che ci hanno ricevuto, una cosa inimmaginabile solamente un anno fa. Purtroppo però siamo sempre nella stessa condizione, in qualche regione molti colleghi non sanno quale sarà il loro futuro. Penso al Piemonte, penso all’Emilia Romagna, ma anche nel Lazio abbiamo avuto rassicurazione di una sospensione dell’entrata in vigore della legge sul gioco, ma di scritto ancora non c’è nulla. Inoltre il comparto del gioco è sempre l’ultimo a ripartire, una scelta ideologica, anche perché è stato dimostrato con i fatti che rischi di contagio non ci sono mai stati nelle nostre sale, anzi aumentavano nonostante le sale chiuse. Fortunatamente ora abbiamo un sottosegretario con delega ai giochi, Claudio Durigon, che ci ascolta, con il quale mi interfaccio spesso e che sta dando aiuti concreti al settore”.
GIUSEPPE FALCONE (A.Gi.Le – Associazione Gioco legale)
“Un giorno che passerà alla storia per il comparto del gioco legale. Ricordo che con i miei colleghi presidenti di altre associazioni eravamo indecisi quale piazza richiedere per organizzare la manifestazione del 9 giugno, in seguito decidemmo che l’unica grande piazza che doveva essere e doveva entrare nella storia doveva necessariamente essere Piazza del Popolo a Roma. C’è stata la prima grande condivisione e partecipazione di tutti i lavoratori e questa situazione ha dato una carica a noi presidenti di associazione nel dover riuscire nell’intento e di non essere più invisibili per la politica.
Il 9 giugno è stata una data memorabile e irripetibile: viste tutte le manifestazioni organizzate da quel giorno ad oggi è stata una manifestazione che ha unito tutto il settore con quasi il 90% di tutte le associazioni di categoria. Di seguito, con mio enorme dispiacere, da quel giorno ad oggi alcune di esse hanno intrapreso, a mio parere erroneamente, strade differenti portando pochissimi risultati per il comparto.
Tutti abbiamo visto che la manifestazione del 9 giugno ha portato un risultato a dir poco strabiliante, perché dopo una settimana dal 9 giugno il settore ha riacceso i motori.
Ricordo perfettamente che durante la manifestazione il rappresentante delle forze dell’ordine, di seguito interlocutore tra noi e la politica, chiese quali fossero le nostre richieste.
Le nostre richieste furono chiarissime e cioè parlare con il premier Giuseppe Conte per potergli illustrare che in piazza c’erano più di 5.000 persone, che volevano con il loro grido di disperazione, continuare a lavorare. Eravamo ad un passo per salire a palazzo Chigi, però l’esponente di allora dei Cinque Stelle (unico partito che metteva i bastoni tra le ruote) non gradiva interagire con le associazioni di categoria. A quel punto, mentre eravamo nella fase clou della manifestazione, riferimmo al nostro interlocutore della Digos che di lì a 10 giorni massimo avremmo bloccato con un’altra manifestazione le autostrade e il raccordo di Roma. Dopo circa un’ora, ricordo con emozione, dalle testate giornalistiche evincemmo la notizia che avremmo riaperto dopo massimo sette giorni.
Ovviamente, con mio enorme dispiacere, da quel giorno il percorso separato di alcune associazioni di categoria non ha prodotto esiti positivi, perché come stiamo constatando l’ultimo a ripartire è sempre il comparto del gioco legale: sappiamo che è una scelta puramente di sola ideologia, perché si è evinto che nelle nostre sale i contagi sono praticamente pari allo zero. Spero che da adesso in poi, con il sottosegretario Claudio Durigon, che ha la delega ai giochi, ci sia quella visibilità e quel posto importante nell’attuale politica che il comparto merita. Concludo richiedendo a tutti i presidenti di tutte le associazioni di unirsi per raggiungere gli stessi risultati della manifestazione del 9 giugno”.
cr/AGIMEG