Operazione “All in”, Blanco: “Doppia tassazione illegittima, la pronuncia della CE premia la mia battaglia”

Ben 550mila euro richiesti dall’Agenzia delle Entrate, per delle vincite nettamente inferiori ottenute al tavolo da poker anni prima. E’ la storia di Cristiano Blanco, giocatore finito nel mezzo dell‘Operazione All In. Questa, nata con lo scopo di recuperare l’imposta sui i premi in denaro vinti nel casinò esteri dagli italiani tra il 2007 e il 2009, è stata delegittimata dalla Commissione Europea con la pronuncia che “la differenza di trattamento fiscale tra le vincite ottenute nei casinò italiani ed esteri non appare né idonea, né proporzionata a raggiungere l’obiettivo di tutelare l’ordine pubblico, di prevenire il riciclaggio e di contrastare il fenomeno della ludopatia”. Il giocatore romano ha raccontato ad Agimeg la sua esperienza da Las Vegas

Ricostruiamo la vicenda. Lei nel 2007 ha vinto un premio importante in un torneo di texas hold’em giocato a Dortmund. Poi cos’è successo?
“Poi è iniziato un incubo. Ad anni di distanza ricevetti un accertamento dall’Agenzia delle Entrate per le vincite ottenute nei casinò esteri tra il  2007 e il 2009. Il verdetto fu scioccante: 550 mila euro da pagare tra presunte imposte evase, interessi e sanzioni. E’ una cifra nettamente superiore a quanto ho vinto negli anni. Forse, se avessi avuto i soldi,  avrei anche pagato, ma non ho avuto scelta: convinto di aver ragione non ho potuto fare altro che combattere. Mi ha colpito da subito la mancanza di dialogo e di possibilità di confronto con i funzionari dell’Ade. Da una parte parlavamo di costituzione, di diritto comunitario e di detrazioni, dall’altra parte della scrivania c’erano invece dei funzionari che si basavano su quanto era scritto su una circolare, senza cercare di approfondire o di giustificare le proprie azioni”.
Le avranno chiesto perché non ha mai dichiarato quelle vincite. Lo facciamo anche noi
“Non ho mai nascosto il denaro vinto. Se avessi voluto l’avrei fatto trasferendolo in qualche paese estero, ma mi sono sempre sentito un buon cittadino e li ho versati sul mio conto italiano. Il problema è che nel 2007 si sapeva poco del poker e il mio commercialista mi disse che quei soldi non erano tassabili”.
Quindi si arriva allo scontro, o meglio al ricorso…
“Mi sono rivolto alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che ha constatato come la normativa italiana risultasse discriminatoria per tanti motivi. Perché le vincite italiane vengono tassate alla fonte, di conseguenza è già la casa da gioco a versare le imposte. Perché siamo cittadini europei e dobbiamo ragionare in termini comunitari. I casinò sono aziende e secondo la normativa italiana un cliente della casa da gioco di Venezia non deve pagare nessuna imposta, al contrario per le vincite ottenute a Nova Gorica le imposte sono al 43%, senza peraltro avere la possibilità di scaricare le spese, come, ad esempio, perdite, viaggi e alberghi. La discriminazione è fin troppo palese. Il giudice ha quindi rimandato la questione alla Corte di Giustizia Europea. Sono ottimista, considerando la pronuncia della Commissione Europea. Certo c’è da restare cauti, visto che l’ultima parola è della Cge”.
La Commissione spiega che “la differenza di trattamento tra le vincite appare né idonea, né proporzionata a raggiungere l’obiettivo di tutelare l’ordine pubblico, di prevenire il riciclaggio e di contrastare il fenomeno della ludopatia. E’ soddisfatto di questo parere?
“Dopo qualche capello bianco e tanta paura non potrei essere più soddisfatto. Soprattutto per una serie di principi che fanno nascere perplessità. Perché se giochi in un casinò italiano saresti tutelato, mentre in Germania viene fuori il pericolo della ludopatia? Credo poi che la stessa richiesta vada contro la Costituzione. Il cittadino dovrebbe pagare le tasse in base alle proprie capacità contributive, a me e ad altri giocatori sono stati chiesti tributi al di fuori della nostra portata. Mi lascia perplesso che quello che sembra così palese a me e alla Commissione Europea non sia chiaro all’Agenzia delle Entrate. Qualche dubbio resta”.
Quale dubbio?
“Che in questo periodo l’obiettivo di “far cassa” abbia le precedenza su tutto. Altri giocatori di fronte alla richiesta di 5-10 mila euro hanno deciso di pagare, pur essendo convinti delle proprie ragioni. I pesci piccoli, usando un termine del poker, sono finiti nella rete dell’Agenzia delle Entrate, i pesci grossi si sono ribellati pagando gli avvocati e facendo valere i propri diritti. Il tesoretto in qualche modo è stato creato. E poi mi ha sempre lasciato perplesso il fatto che a un funzionario vengono dati bonus non in base alle tasse evase e recuperate, ma in base agli accertamenti”.
Ci sono stati momenti di depressione?
“Sì, ma devo ringraziare la mia famiglia. Grazie ad essa ho avuto la forza morale ed economica per portare avanti la mia battaglia”.
Per lei uno Stato civile come dovrebbe tutelare un giocatore?
“La ludopatia è un problema sociale che deve essere combattuto. Faccio questo esempio: un bicchiere di vino può essere un piacere, l’alcolismo è un’altra cosa. Allo stesso modo il gioco deve essere uno svago, non un vizio. Quindi serve massima trasparenza e informazione. I cittadini devono essere informati di più sulle probabilità di vincita, devono sapere che se in un concorso si ha una possibilità su 18 di vincere, ma poi il premio è solo di 11 volte la posta puntata, il banco vince sempre. Affrontiamo seriamente il problema, lavoriamo sulla fragilità delle persone: il giocatore consapevole, lucido e ben informato non sarà mai un giocatore ludopatico”.
Ora vive in Inghilterra: a pensar male si potrebbe dire che è scappato dall’Italia…
“Vivo a Londra perché in Italia è difficile trovare lavoro. Ho passato anni a mandare curriculum alla aziende, senza neanche ricevere una risposta. Alle aziende britanniche ho mandato dieci richieste e il risultato è stato incredibile: 10 risposte, 3 colloqui e 2 offerte. Ho persino potuto scegliere la soluzione migliore. Ecco perché ho lasciato l’Italia. Sono ancora innamorato del mio Paese, mi mancano la famiglia, gli amici e Campo de’ Fiori. Ma mi sento tradito dallo Stato italiano. La mia battaglia, tuttavia, continua e, qualora dovessi vincere la mia causa, ringrazierò chi con questa oppressione mi ha dato la forza di reagire e trovare un lavoro che amo altrove”.
All’estero ci sono situazioni analoghe o l’Italia è un’eccezione negativa per i giocatori?
“Dove vivo, a Londra, le vincite al gioco non sono tassate”. cz/AGIMEG