Nel 2018 la spesa nei giochi è stata pari a 18,7 miliardi di euro, un dato in calo rispetto ai 19,1 miliardi dell’anno precedente. Le entrate erariali per il terzo anno consecutivo si sono invece attestate sopra i 10 miliardi di euro. Le vincite lo scorso anno sono state pari a 86,2 miliardi, in crescita rispetto agli 82,7 milioni del 2017. E’ quanto emerge, in materia di giochi, dalla Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato. La tassazione complessiva del settore – pari a 10 miliardi, circa lo 0,6% del PIL italiano, al 2,2% delle entrate tributarie e al 4,7% di quelle indirette – risulta pari a circa il 53,7% della spesa netta, in linea con la quota dell’anno precedente. Gli apparecchi da intrattenimento nel 2018 hanno rappresentato la prima voce in termini di spesa, pari a 10,18 miliardi, con entrate erariali superiori a 6,4 miliardi. A seguire le lotterie istantanee con 2,4 miliardi (ed entrate erariali per 1,3 miliardi) e il Lotto con 2,3 miliardi (con entrate per lo Stato di quasi 1,1 miliardi). Oltre il miliardo di euro di spesa anche le scommesse sportive, con 1,48 miliardi (297 milioni all’erario) mentre i giochi numerici a Totalizzatore (come Superenalotto, Win for Life) a 606 milioni (439 milioni all’erario). La macro-categoria degli Apparecchi contribuisce da sola a quasi metà della raccolta lorda (46 per cento) e al 65 per cento delle entrate erariali ed è la tipologia di gioco sulla quale si sono concentrate maggiormente le modifiche normative, sia negli anni precedenti, che a partire da settembre 2018. Ciò in ragione del fatto che il settore dei giochi si caratterizza per logiche di gestione imprenditoriali e che la domanda dei consumatori si orienta maggiormente verso tipologie di gioco che assicurano un’elevata percentuale di redistribuzione ai giocatori della raccolta lorda (il cosiddetto payout), e prevedono un breve intervallo temporale tra la giocata e il corrispondente evento/partita (come nel caso delle new slot e delle Vlt). Sulla categoria, inoltre, si applica un’aliquota dello 0,3 per cento della raccolta a titolo di canone concessorio. lp/AGIMEG