Ricerca Consulta Nazionale Antiusura: “Il meccanismo del gioco pubblico potrebbe sopravvivere con l’immissione di risorse illegali”

Di fatto “lo Stato deve compensare delle impellenti necessità di cassa  (ha bisogno, e subito, di soldi). Chiede denaro fresco ai concessionari, che per “entrare nel gioco” devono corrispondere in anticipo forti somme. E aderiscono alla richiesta di buon grado, a fronte della  prospettiva di buoni guadagni con nuovi sistemi di gioco. Lo “sconto” fiscale è appunto l’interesse che lo Stato paga. Nella mancanza di incisivo controllo (finora) da parte delle istituzioni che dovrebbero esaminare questa perversa partita: Parlamento e Governo”. E’ quanto si legge nella ricerca della Consulta Nazionale Antiusura sul gioco illegale, presentata oggi a Roma. “L’aspetto ancora più paradossale sta nella condizione che accomuna molti concessionari dei giochi: sono sovraesposti con le banche, con le finanziarie. E con i collocatori di derivati speculativi sul debito. In parole povere, l’aspirante concessionario di un nuovo azzardo non ha riserve monetarie proprie, e quindi deve ricorrere a prestiti bancari. Che vengono accordati a tassi molto elevati poiché egli, il concessionario, non ha garanzie reali da presentare: patrimonio insufficiente e capitale societario esiguo. E come sanno tutti, meno è solida la condizione patrimoniale, più alto è l’interesse che si deve pagare. È così che avviene, nella realtà. Come si pagano alla scadenza le rate del debito? E qui alcuni concessionari ricorrono anche a manovre di “finanza creativa”. Parte degli introiti derivano loro dalla “vendita al venditore”, cioè dall’assegnazione di postazioni di gioco ai gestori; il resto del debito lo coprono con l’emissione di obbligazioni, bond e altro. Cioè contraendo nuovi debiti, che incrementano il peso degli interessi per l’entrata nel business. Chi guadagna realmente, a quel punto, è il collocatore dei “prodotti finanziari derivati”, cioè l’intermediario che piazza le obbligazioni. E così, con un gioco a piramide, cresce l’economia di carta e di promessa del gioco d’azzardo. Un sistema “a doppio legame” tale per cui si è costretti ad alimentare la crescita geometrica dell’azzardo, che per tutto il primo decennio del nuovo secolo è raddoppiata ogni tre anni. Siamo ormai giunti al limite fisico di crescita della spesa per giochi, e l’Italia rischia seriamente che l’azzardo sia la nostra bolla finanziaria. A meno che non si decida di immettere nel giro dell’azzardo ulteriori denari freschi di provenienza illegale – si sostiene nella ricerca – con il settore criminale che via via invaderà e incorporerà il comparto autorizzato dallo Stato. In pratica, il meccanismo del gioco pubblico d’azzardo potrebbe sopravvivere con l’immissione di risorse illegali nella filiera delle attività imprenditoriali: finanziamento ai concessionari, partecipazione alla gestione dei punti di gioco, protezione agli esercizi pubblici e alle aziende che operano verso il pubblico, usura verso i giocatori patologici. La conseguenza è per l’appunto il pericolo di una bolla finanziaria, finora procrastinata, con il sospetto che ciò accada dissipando le risorse reperite con il decreto “Salva Italia”. lp/AGIMEG