Il progetto itinerante “Innamòrati di Te” di Codere Italia arriva a Rivoli nella Gaming Hall Palace. La terza tappa dell’evento, partito a giugno 2015, vede ancora una volta protagoniste le donne e soprattutto le loro storie.
Con il contributo di avvocati penalisti, psicoterapeuti, comunicatori e rappresentanti di associazioni, l’incontro promosso dalla multinazionale spagnola vuole essere un momento di riflessione e condivisione su temi quali lo stalking, il femminicidio e la violenza fisica o psicologica.
A livello nazionale, gli ultimi dati ISTAT* disponibili ci dicono che una donna su tre tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. La situazione reale però è spesso molto diversa: sono ancora troppe le violenze non denunciate di cui ovviamente le statistiche non tengono conto.
Il Piemonte non è estraneo a questi fenomeni. Se da una parte il capoluogo, Torino, viene considerato dal New York Times una meta da non perdere, e la società Res Hospitality Business Developers la incorona come la meta più visitata d’Italia nelle ultime festività invernali, bisogna riflettere sul fatto che per due anni consecutivi la città della Mole è stata anche sul podio delle città più violente contro le donne.
Un fenomeno che non risparmia neanche i paesi della provincia. All’inizio di dicembre 2015, a Rivoli una donna che subiva violenza da tempo ha denunciato un 45enne italiano per maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate. Alla Polizia è stato riportato che i pestaggi andavano avanti dal 2012 anche in presenza dei due figli minori. Il 2016 si è aperto con altri due casi: un tentato omicidio a Torino e tre casi di maltrattamenti e stalker a Cuneo e provincia.
Cosa insegnano queste storie?
“Per prima cosa che l’apparenza inganna – dichiara Emanuela Valente, Fondatrice dell’Osservatorio In Quanto Donna – e che Torino non è diversa dalla Sicilia, dalla Calabria e da tutte le altre regioni d’Italia. Sul sito InQuantoDonna-IQD www.inquantodonna.it si contano più di venti storie di femminicidio avvenute nella sola provincia di Torino negli ultimi anni, cui si aggiungono altre decine di casi avvenuti nella regione Piemonte. Alcuni di questi sono particolarmente noti, come il recente caso di Elena Ceste (Costigliole d’Asti, 24 gennaio 2014), quello di Laila Mastari, uccisa dal convivente e gettata nel Po (12 settembre 2012), stessa sorte di Sara Washington, chiusa in un sacco nero e gettata nel fiume da quello che era “il suo migliore amico” (27 settembre 2007), o Alfina Grande, scaraventata dal balcone dal marito dopo anni di indicibili violenze (29 marzo 2012)”.
Per questo, negli ultimi anni, molte associazioni e istituzioni locali si sono attivate per rendere visibile il fenomeno del femminicidio e della violenza domestica; in Piemonte risultano attivi 20 Centri Antiviolenza. Il 25 novembre scorso, in occasione della giornata mondiale contro la violenza alle donne, è stato inaugurato a Torino nella terza circoscrizione il “Giardino delle vittime di femminicidio”. Mentre è di pochi giorni fa l’iniziativa delle 21 panchine rosse, sparse per la città, che hanno lo scopo di indurre i cittadini a fermarsi e riflettere.
Dal punto di vista normativo, è importante ricordare che il 17 agosto del 2013 in Italia è entrata in vigore la Legge n. 119/2013 che prevede il reato di Stalking. “Una legge figlia di una soggezione mediatica – commenta Maria Antonietta Labianca, Avvocato penalista e Vice Presidente A.D.G.I. Associazione Donne Giuriste Italia – nel senso che è sembrata una veloce risposta alle sollecitazioni provenienti dai cittadini e dalle associazioni che chiedevano un inasprimento delle pene nei casi di violenze e omicidi nei confronti delle donne. Ritenuta a tutti gli effetti una delle più gravi e diffuse forme di violazione dei diritti umani, ‘la violenza su una donna in quanto donna’, insieme al femminicidio, ha trovato pieno riconoscimento in Italia solo recentemente con l’approvazione della Convenzione internazionale di Istanbul del 2011 e con il decreto legge del 14 agosto 2013 convertito in legge e inserito nel cosiddetto “pacchetto sicurezza”.
Questo pacchetto non regolamenta solo il femminicidio, ma va a esaminare e regolamentare altre disposizioni urgenti, come quelle inerenti i furti di rame, l’utilizzo dei fuochi di artificio o quelle relative ai cantieri della TAV, etc. “Il fatto che questa legge sia parte del pacchetto sicurezza è sintomatico di come il paese veda il problema – prosegue Labianca – il femminicidio è percepito come un’emergenza di pubblica sicurezza e non come una perenne violazione dei diritti minimi fondamentali, di cui lo Stato deve rendere conto in ambito internazionale. Questa legge non ha, per ora, sortito l’effetto di ridurre o quanto meno contenere il femminicidio. Succede perché in Italia si è ancora lontani dalla percezione reale di cosa sia questa violenza e perché la prepotenza culturale maschile sostiene che lo stupro può essere anche un castigo, una punizione, o comunque un evento, che una donna bella deve mettere in conto”.
Tra le importanti novità introdotte dalla Legge n°119/2013 c’è quella che riguarda la relazione affettiva come nuovo parametro in base a cui trarre aggravanti. I dati confermano che in oltre il 62% dei casi sono proprio i partner, gli ex mariti, i parenti e gli amici di famiglia i diretti responsabili delle violenze.
Il progetto “Innamòrati di Te” vuole sottolineare anche l’importanza di realizzare una forte autostima nella donna, come prevenzione alla violenza di genere. “L’amore per se stessi è l’erede dell’amore ricevuto – spiega Wanda Baldari, Psicoterapeuta dell’età evolutiva – e ha inizio ai primordi della vita, attraverso la prima relazione d’ amore con una mamma sufficientemente buona e un padre affettuoso e protettivo. Attraverso il dialogo empatico, la comprensione e l’accoglimento dei bisogni la “piccola” donna esplora il mondo ed edifica la fiducia verso se stessa e le proprie risorse. Nei casi di abuso e maltrattamento viene meno la capacità di riconoscere se stesse come meritevoli di amore e protezione. Le piccole donne reduci da abusi, maltrattamenti, incuria o gravi problemi relazionali e/o familiari, rivolgono prevalentemente rabbia e aggressività verso se stesse. Tuttavia, in un mare di dolore è possibile cogliere l’unicità di ognuna e la forza interiore”.
Ma perché si cade e si rimane bloccate nel circolo della violenza? Come si può uscirne?
“Spesso sono fattori culturali, sociali ma anche individuali a influire su questo problema che può coinvolgere donne di ogni ceto e livello – sottolinea Dinorah Moscatelli, Psicoterapeuta, analista transazionale e supervisor EMDR. L’intervento psicologico è quindi fondamentale per prevenire e interrompere tale processo. Un possibile strumento applicato nella terapia è l’EMDR – Eye Movement Desensitization and Reprocessing. Si tratta di un approccio attraverso il quale è possibile rielaborare le esperienze che sono alla base del comportamento vittimizzato, potenziare le risorse di auto protezione, modificare modalità di attaccamento disfunzionali e aiutare l’allontanamento dalla relazione violenta”.
Della violenza contro le donne si può però parlare anche da un punto di vista maschile. E’ questa l’osservazione di Massimo Lizzi, blogger che su www.massimolizzi.it scrive spesso dell’argomento. Una voce autorevole, molto ascoltata sui social e in particolare su facebook, in tutte le questioni che riguardano donne, bambini e in generale la cultura patriarcale. Lizzi, torinese doc e al tempo stesso atipico, vuole raccontare come reagiscono gli uomini al racconto di una donna che dice di aver subito violenza, e come questo racconto venga poi riportato o modificato.
Una donna che si trova in una situazione pericolosa come può reagire?
“Se muniti dei giusti concetti – dice Walter Palmero Responsabile Regione Piemonte Settore Krav Maga Opes Italia – tutti possono sconfiggere tutti: una donna può fermare un uomo che tenta di offenderla fisicamente o moralmente, un bambino può prevalere su un assalitore più forte, magari adulto, e un uomo può assolutamente vincere uno scontro con un avversario più grosso e fisicamente forte di lui. In generale l’aggressività ci spaventa ma è energia vitale, è la matrice di reati ed efferatezze, ma anche la radice della forza vitale che ogni giorno ci spinge alla vita. Sono molte però le devianze che nella vita l’espressione di questa energia assume. Alcune sono alimentate da modelli genitoriali ostili, autoritari, incoerenti, disinteressati, o viceversa centripeti, iperprotettivi, coesi, altre invece sono legate a schemi di comportamento che si strutturano nell’ambiente relazionale e sociale dell’individuo. Il Settore Krav Maga di Opes Italia (Organizzazione Per l’Educazione allo Sport) Ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI – conclude Palmero – promuove, a tal ragione, la pratica del Krav Maga quale strumento per la crescita personale dell’individuo”.
Che cos’è il Krav Maga? Si tratta di una disciplina nata in Israele che unisce tecniche di attacco, di immobilizzazione e wrestling. Negli ultimi anni è diventato molto popolare anche nelle palestre come tecnica di difesa personale.
Sul territorio sono attive decine di associazioni che con il loro lavoro contribuiscono alla tutela delle donne in difficoltà. “Alla nostra associazione arrivano donne che sembrano chiedere a noi chi sono – fa notare Marilla Baccassino, Coordinatrice Centro Antiviolenza-Unione Donne del 3° Millennio di Torino – donne che hanno bisogno di conferme a partire da ciò che fanno e che non vorrebbero fare. In generale, ci sembra di poter cogliere nei loro discorsi alcune situazioni sintomatiche: la posizione soggettiva di chi non ha sguardo per l’intorno, non si colgono le analogie con esperienze di altre donne. C’è quindi stupore nello scoprire che la propria esperienza non è del tutto unica, pur essendo singolare. Ma ci sono anche donne che vengono al Centro per cercare amicizia, che cerchiamo di concretizzare anche in lavoro comune. Infine, incontriamo donne che scelgono il Centro pensando di trovare il luogo giusto per mantenere o trovare una collocazione per una loro precisa battaglia politica, nella quale si identificano in modo forte. L’Unione delle Donne del 3° Millennio di Torino – ricorda la Baccassino – vanta una storia di accoglienza e di aiuto alle donne momentaneamente in difficoltà di almeno 30 anni e ha contribuito, non solo al miglioramento della loro qualità di vita, ma anche allo sviluppo positivo del sociale in cui viviamo”.
Per poter dare il giusto aiuto alle donne in difficoltà c’è bisogno di coordinamento. “Le istituzioni e i servizi territoriali come centri antiviolenza, ospedali, servizi sociali, tribunali devono collaborare unificando il “linguaggio” – sostiene Barbara Cimini, Infermiera e referente Centro Demetra Ospedale Molinette di Torino. Un linguaggio che deve essere comune e con unica interpretazione al fine di poter creare servizi idonei e potenziare quelli già esistenti, con personale adeguatamente formato e motivato capace di rispondere in modo esaustivo, competente e professionale alle richieste del cittadino”.
Gli aspetti di competenza della polizia giudiziaria sono stati trattati da Luca Mariano, Capitano della Compagnia dei Carabinieri di Rivoli: “I reati di genere sono ormai da anni sotto i riflettori dell’opinione pubblica e dei vari legislatori. Le forze dell’ordine sono in prima linea e svolgono un ruolo fondamentale dal momento che, nella maggioranza dei casi, rappresentano i primi interlocutori della vittima, il primo passo verso la ricerca di aiuto. In ogni Compagnia Carabinieri è stato creato un apposito spazio, la “Stanza per te”, idoneo a trattare i casi di denuncia per violenza con la dovuta delicatezza e che consente di limitare il disagio delle donne nell’affrontare tematiche così delicate”.
Dopo Rivoli, il progetto itinerante “Innamórati di Te” arriverà anche nelle altre città dove Codere opera. Tutti gli incontri sono aperti al pubblico.
“Codere Italia tiene sempre in grande considerazione le attività che hanno una ricaduta nel Sociale e sui tanti territori in cui sviluppa le sue attività – dichiara Imma Romano, Responsabile Relazioni Istituzionali di Codere Italia. Operando per conto dello Stato nel settore dei giochi, settore spesso bistrattato e vittima di falsi moralismi, sentiamo forte anche la responsabilità di sensibilizzare i cittadini su temi legati a fatti di cronaca e il progetto ‘Innamòrati di Te’, che abbiamo ideato lo scorso anno, vuole farci sentire più vicini non solo ai nostri clienti ma anche a tutte le donne che sono una parte cospicua della nostra clientela”. lp/AGIMEG