Scommesse addio: “A Napoli chiudiamo le sale perché non ce la facciamo più. Eravamo lavoratori onesti e lo Stato ci ha trattato come criminali. Basta”

Ha destato molto clamore l’intervista di Agimeg al giovane imprenditore della provincia di Napoli che, dopo 17 anni di attività nel settore delle scommesse, sportive ha deciso di dire basta. Un gesto di protesta molto forte, ma che dimostra come il comparto dei giochi sia allo stremo, penalizzato da uno Stato assente e da banche sorde alle richieste di finanziamenti da parte delle imprese del gioco, oltre che da una situazione sanitaria dovuta all’epidemia coronavirus che si sta trasformando in un tracollo economico. “Come imprenditore non mi sono sentito assolutamente tutelato, anno dopo anno mi sono state richieste sempre più garanzie per il mio lavoro, ma non me ne sono state date. Per l’opinione pubblica il gioco rovina le famiglie, per la politica siamo come dei criminali. Ho deciso di dire basta, anche se ora reinventarmi non sarà facile. Di certo mi metterò a fare tutt’altro, è troppa l’amarezza per quanto fatto in tutti questi anni nel settore del gioco. Ho sempre seguito le regole, sono riuscito a resistere senza fallire, sono orgoglioso di non avere debiti o pendenze con nessuno, ma ora sono io che dico basta”, ha detto Giuseppe La Cava rivendicando il proprio impegno e la propria passione messa in tutti questi anni. “Ripartire da zero non sarà facile, in Campania così come in qualsiasi altra regione italiana, ma non avevo scelta. Già so che continuando nel settore delle scommesse, se un giorno avrò bisogno di un prestito o di un finanziamento dalle banche, mi verrà negato per colpa di un codice Ateco. Inoltre oggi il settore comporta le stesse spese che in passato, ma con la metà delle entrate che avevamo un tempo, a causa delle nuove linee guida su come dovranno lavorare i negozi, il divieto di assembramenti, al massimo 4 slot in un locale di 50 mq, un bacino di utenza dimezzato. La verità è che se io oggi ho garanzia che lo Stato mi tutela in tutto e per tutto, continuo a indebitarmi, ma se mi dicono sempre che il settore del gioco è il male assoluto mi faccio da parte, non c’è prospettiva”. L’amarezza di La Cava è palese: “Eravamo in tanti ad essere entrati in questo settore. Ho un amico fraterno che ha chiuso prima di me a causa di una burocrazia amplificata alla quale sono andate ad aggiungersi continue restrizioni con l’introduzione di distanziometri e luoghi sensibili. Purtroppo vengono cambiate le regole in corsa e tante volte gli enti locali non hanno la giusta visione del settore, regioni e Comuni legiferano senza conoscere affatto il nostro mondo”. cr/AGIMEG