Scommesse, Paolo Tavarelli (pres. Federbet): “I ctd non sono una minaccia ma un’opportunità per il sistema italiano del betting”

“La legge di stabilità dimostra come l’argomento CTD sia finalmente entrato nel vocabolario delle istituzioni. Non più solo come una minaccia, ma come uno stato di fatto da regolamentare per il bene dell’indotto, degli utenti e della casse dell’Erario. Che senso ha infatti proseguire questa  dispendiosa lotta senza quartiere?” Esordisce in questo modo Paolo Tavarelli, ex amministratore di SKS365 Group ed attuale presidente di FederBet, in una esclusiva intervista rilasciata ad Agimeg. Il messaggio è chiaro. “Continuare a nascondere il problema, o non volerlo vedere, è assolutamente inutile, anacronistico e doppiamente dispendioso sia in termini di spesa sostenuta dalla Forze dell’Ordine che per il mancato accrescimento degli introiti erariali”.  Proprio la recente legge di stabilità, in discussione in questi giorni assieme al pacchetto della delega fiscale, sembra interessare finalmente il discusso argomento dei CTD, i centri trasmissione dati diffusi in tutti la penisola e attivi nella trasmissione di dati verso operatori di gioco in possesso di licenze comunitarie. “La legge di stabilità ne riconosce l’esistenza e finalmente cerca di trovare una soluzione in vista del riordino del 2016. Già solo poterne parlare rappresenta un primo importante passo. Non dimentichiamo che i CTD e gli operatori “.com” hanno più volte espresso la disponibilità ad essere soggetti a una specifica tassazione in cambio di quella legittimazione assente solo in Italia”. E’ infatti bene ricordare come i centri trasmissione dati abbiano ottenuto sempre importanti pronunciamenti in sede di Corte Europea e come il loro riconoscimento con conseguente tassazione, consentirebbe allo Stato di accrescere gli introiti senza aumentare l’offerta di gioco, riconoscendo un fenomeno già esistente e radicato. “I CTD”, riconosce Tavarelli, “vivono proprio perché li richiede il mercato, perché gli appassionati trovano competenza, professionalità, un prodotto competitivo ed un’offerta esaustiva. Se non ci fosse spazio, se i CTD fossero ambienti poco raccomandabili o non adatti a intercettare la richiesta del mercato, sarebbe il mercato stesso a rifiutarli portandoli alla chiusura. Insomma  il riconoscimento dei CTD e un progetto di tassazione su cui abbiamo lavorato e sul quale siamo pronti a confrontarci già da oggi con interlocutori qualificati, sono i due cardini sui quali si potrebbe far girare la porta che aprirebbe il mercato italiano ai grandi operatori internazionali”. ​rg/AGIMEG