Scommesse, Consiglio di Stato conferma: “Deve essere il bookmaker e non il Ctd a chiedere l’88 Tulps”

“Il nostro sistema giuridico rimane improntato al c.d. “doppio binario”, costituito dalla necessità di ottenere, anche per l’attività di raccolta dati delle scommesse per un operatore estero, sia la concessione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze sia l’autorizzazione di pubblica sicurezza di cui all’art. 88 del TULPS”. Inoltre, “la licenza di cui all’art. 88, cit., non può essere rilasciata a chi non sia in possesso della concessione ministeriale e, sotto tale profilo, l’attività demandata al Questore è vincolata, non essendo ammessa alcuna discrezionalità dell’Amministrazione, che in assenza della concessione, è tenuta ad emettere un provvedimento di rigetto per insussistenza di uno dei presupposti di legge”. E ancora, “non sono meritevoli di accoglimento le censure dirette ad affermare l’incompatibilità dell’art. 88, cit., con gli artt. 43 e 49 del Trattato, e non vi è quindi necessità di disapplicare tale disposizione nazionale”. E’ quanto afferma la Terza Sezione del Consiglio di Stato in una sentenza con cui ha ribadito che i centri trasmissione dati non siano legittimati a chiedere la licenza di pubblica sicurezza. Il ricorso era stato intentato dal Ministero degli Interni contro la sentenza con cui il Tar Liguria aveva accolto la richiesta un Ctd collegato a Sks365. Il Consiglio di Stato ricorda di essersi già pronunciato sulla questione, con la sentenza 5672 del 2013, e ribadisce che l’unico soggetto titolato per chiedere la licenza di PS è il bookmaker, dal momento che è colui che organizza la scommessa. “Il sistema concessorio-autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, la cui legittimità è stata confermata anche dalle Corti europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano organizzare e gestire nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse”. Con il meccanismo adottato dai bookmaker esteri, “ove lo Stato italiano lo consentisse, il reale gestore del mercato potrebbe svolgere la sua attività all’estero senza sottoporsi a controlli e verifiche, agendo attraverso l’intermediatore, rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe ipotizzabile, ingenerando incertezze presso gli stessi scommettitori”. Il Ctd, di conseguenza, “nessun vantaggio potrebbe avere dall’annullamento dell’atto originariamente impugnato”. La licenza di pubblica sicurezza infatti “presuppone il potere giuridico, che nel caso di specie manca, di organizzare e gestire il mercato delle scommesse”. In sostanza, il centro “non avendo nessun titolo sostanziale a chiedere l’autorizzazione, finisce con il non avere nemmeno la legittimazione processuale sostanziale”.  Deve essere considerato legittimo, pertanto, il diniego opposto dalla Questura che trovandosi di fronte a una domanda avanzata da “un soggetto dichiaratamente estraneo all’organizzazione e alla gestione delle scommesse, e sostanzialmente irresponsabile circa l’esito dei contratti, non poteva che fare riferimento all’assenza della concessione”. Il Collegio ribadisce ancora che “la provenienza della domanda da un soggetto avente la natura giuridica di sopra individuata, e pertanto sostanzialmente privo del titolo legittimante, avrebbe ingenerato incertezze presso gli stessi scommettitori” e che “Tale incertezza costituisce di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine pubblico per denegare l’autorizzazione, in quanto si pone in contrasto con le esigenze di tutela del consumatore, anch’esse protette dal diritto comunitario”. rg/AGIMEG