Operazione Game Over, Cassazione rivede la posizione di Vinciguerra: Nessuna prova che agisse per conti di Cosa Nostra

La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso intentato dal procuratore della Repubblica contro l’ordinanza con cui il Tribunale di Palermo ha sostanzialmente ritenuto Sebastiano Vinciguerra estraneo al sodalizio criminoso al centro dell’operazione Game Over. L’inchiesta, coordinata dalla DDA di Palermo, ha permesso di smantellare la rete delle scommesse gestita da Ninì Bacchi. Vinciguerra era stato inizialmente ritenuto una delle figure di raccordo tra il sodalizio e le famiglie mafiose – e era stato accusato di associazione mafiosa e illecita concorrenza con minaccia o violenza), il Tribunale del Riesame di Palermo tuttavia – pronunciandosi sulla custodia cautelare in carcere – ne aveva rivisto la posizione, e aveva giudicato che l’uomo non “avesse agito in rappresentanza, e quindi nell’interesse, delle famiglie mafiose palermitane”, quanto piuttosto “a titolo personale”. Da alcune intercettazioni, in particolare era emerso, che Francesco Nania e Antonino Pizzo – soggetti intranei a “Cosa nostra” – lo ritenevano “uno sprovveduto e non un autorevole esponente mafioso, capace di agire nell’interesse del sodalizio”. Ancora, una discussione – che gli inquirenti hanno intercettato – tra Vinciguerra e Bacchi “aveva ad oggetto un’occasione di lavoro”; Vinciguerra in sostanza “agiva per il proprio esclusivo tornaconto, tanto da essere poi escluso dall’affare perché troppo pretenzioso. Infine, le conversazioni rivelavano l’incapacità d’imporre le proprie condizioni, e la minor forza di Vinciguerra rispetto a Bacchi, circostanze incompatibili con la prospettazione accusatoria”. IL Procuratore della Repubblica ha impugnato questa decisione del Tribunale, ma per la Cassazione – in sostanza – non ha fatto altro che una “rilettura in fatto del materiale investigativo, intercettazioni incluse”. Il Tribunale però lo ha già “diffusamente esaminato e non illogicamente valutato”, sottolinea adesso la Cassazione. In sostanza, occorreva dimostrare che l’uomo avesse esercitato una “ingerenza, titolata, nella trattativa nel settore dei giochi e delle scommesse” per dimostrare la -perdurante- partecipazione di Vinciguerra all’associazione mafiosa”. Invece, ” la suddetta ingerenza (è) rimasta, viceversa, priva di affidabile riscontro indiziario”. lp/AGIMEG