CGE, Stanley e Snai insieme per difendere il sistema italiano. Per la Commissione 88 Tulps legittimo se non comporta discriminazioni

E’ un’alleanza insolita quella che si è creata nell’udienza di fronte alla CGE sul caso Biasci e altri. Contro Goldbet – che ha sollevato i dubbi sull’art. 88 Tulps, e sulla norma della legge n. 73/2010 che lega la licenza di pubblica sicurezza al possesso di una concessione per la raccolta delle scommesse – e quindi in difesa del sistema italiano, si è schierata non solo Snai, ma anche StanleyBet. Il provider italiano, assistito dall’avv. Gaetano Viciconte, ha spiegato che il sistema del doppio titolo risponde all’esigenza – di non secondaria importanza in Italia – di impedire a associazioni criminali di accedere al mercato. E ha quindi puntualizzato che la controversia in discussione non riguarda il mutuo riconoscimento dei titoli rilasciati da altri paesi comunitari. Simili titoli possono essere utili per verificare l’affidabilità delle società straniere, ma non possono sostituire i controlli effettuati dalle autorità nazionali, altrimenti si metterebbe in discussione la libertà di ciascuno Stato sdi scegliere il proprio modello. I legali di StanleyBet hanno invece chiesto alla Corte di verificare se GoldBet abbia subito effettive discriminazioni in Italia, e hanno asserito che la vicenda della compagnia austriaca non possa essere paragonata a quella del bookmaker anglo-maltese (Stanley ha già ottenuto tre pronunce sostanzialmente favorevoli da parte della CGE). Ha fornito il proprio parere sulla controversia anche la Commissione Europea, rappresentata dall’avvocato Nardi, secondo cui l’autorizzazione di pubblica sicurezza può essere una restrizione legittima all’accesso al mercato – e come tale pertanto conforme al diritto comunitario – purché sia una misura non discriminatoria e proporzionata ai fini perseguiti. Per Nardi non era contrario al diritto comunitario nemmeno il decreto con cui il Ministero dell’Economia e l’Aams disposero la decadenza della concessione di Totobetting – la controllata attraverso cui GoldBet partecipò al bando Bersani – il provvedimento infatti venne adottato una volta constatato che GoldBet continuava a raccogliere gioco in Italia anche attraverso canali non autorizzati e pertanto in violazione della concessione. Tuttavia, Nardi ha sottolineato che il decreto non appare formulato in maniera chiara, e in generale ha sottolienato la necessità che le norme della convenzione siano formulate in maniera precisa e univoca. LA sentenza della Corte di Giustizia potrebbe arrivare nel giro di sei mesi. wc/AGIMEG