CGE, il sistema italiano delle scommesse alla sbarra per la quarta volta

La Corte di Giustizia torna a discutere del sistema italiano delle scommesse, al centro dell’udienza di questa mattina le questioni pregiudiziali sui Ced Goldbet (casi Biasci e altri) sollevate dal Tar Toscana nel 2011. Si tratta della quarta volta che la CGE viene chiamata a decidere sulla legittimità del sistema italiano delle scommesse, i precedenti (Gambelli, Placanica e Costa-Cifone) erano tutti stati sollevati da StanleyBet. Il bookmaker anglo-maltese, oggi, ha giocato un ruolo del tutto nuovo, si è infatti schierato al fianco del Governo italiano – come ha fatto Snai, anch’essa intervenuta nel giudizio di fronte al Tar Toscana – per difendere la normativa italiana. La questione – che comunque prende spunto dalla situazione creatasi in seguito al bando Bersani del 2006, il quadro giuridico ha poi subito delle modifiche di rilievo – ruota sostanzialmente attorno alla licenza di pubblica sicurezza rilasciata ai sensi dell’art. 88 Tulps. Secondo l’interpretazione fornita dall’art. 2, comma 2-ter, della legge n. 73/2010, la licenza è efficace solo quando è accompagnata dalla concessione dei Monopoli per la raccolta delle scommesse. Una previsione ideata proprio per arginare il fenomeno dei Ced e Ctd collegati a bookmaker esteri, ovvero quegli esercizi sparsi sul suolo italiano – secondo le stime almeno 2mila – che non raccolgono scommesse in prima persona, ma si limitano a fare da intermediari, veicolando le giocaste verso compagnie con sede in un altro paese dell’UE. GoldBet ha argomentato nel ricorso di fronte al giudice italiano – e la questione è stata rigirata alla CGE nelle domande pregiudiziali – che nel paese in Austria, paese in cui ha sede giuridica, è stata sottoposta a controlli analoghi, se non addirittura superiori, a quelli previsti in Italia. rg/AGIMEG

 

CGE, Stanley e Snai insieme per difendere il sistema italiano. Per la Commissione 88 Tulps legittimo se non comporta discriminazioni

E’ un’alleanza insolita quella che si è creata nell’udienza di fronte alla CGE sul caso Biasci e altri. Contro Goldbet – che ha sollevato i dubbi sull’art. 88 Tulps, e sulla norma della legge n. 73/2010 che lega la licenza di pubblica sicurezza al possesso di una concessione per la raccolta delle scommesse – e quindi in difesa del sistema italiano, si è schierata non solo Snai, ma anche StanleyBet. Il provider italiano, assistito dall’avv. Gaetano Viciconte, ha spiegato che il sistema del doppio titolo ripsonde all’esigenza – di non secondaria importanza in Italia – di impedire a associazioni criminali di accedere al mercato. E ha quindi puntualizzato che la controversia in discussione non riguarda il mutuo riconoscimento dei titoli rilasciati da altri paesi comunitari. Simili titoli possono essere utili per verificare l’affidabilità delle società straniere, ma non possono sostituire i controlli effettuati dalle autorità nazionali, altrimenti si metterebbe in discussione la libertà di ciascuno Stato di scegliere il proprio modello. I legali di StanleyBet hanno invece chiesto alla Corte di verificare se GoldBet abbia subito effettive discriminazioni in Italia, e hanno asserito che la vicenda della compagnia austriaca non possa essere paragonata a quella del bookmaker anglo-maltese (Stanley ha già ottenuto tre pronunce sostanzialmente favorevoli da parte della CGE). Ha fornito il proprio parere sulla controversia anche la Commissione Europea, rappresentata dall’avvocato Nardi, secondo cui l’autorizzazione di pubblica sicurezza può essere una restrizione legittima all’accesso al mercato – e come tale pertanto conforme al diritto comunitario – purché sia una misura non discriminatoria e proporzionata ai fini perseguiti. Per Nardi non era contrario al diritto comunitario nemmeno il decreto con cui il Ministero dell’Economia e l’Aams disposero la decadenza della concessione di Totobetting – la controllata attraverso cui GoldBet partecipò al bando Bersani – il provvedimento infatti venne adottato una volta constatato che GoldBet continuava a raccogliere gioco in Italia anche attraverso canali non autorizzati e pertanto in violazione della concessione. Tuttavia, Nardi ha sottolineato che il decreto non appare formulato in maniera chiara, e in generale ha sottolienato la necessità che le norme della convenzione siano formulate in maniera precisa e univoca. LA sentenza della Corte di Giustizia potrebbe arrivare nel giro di sei mesi. rg/AGIMEG

CGE, nessuna conclusione da parte dell’Avvocato Generale della Corte. Si andrà direttamente a sentenza

Nel causo Biasci discusso stamane, verrà decisa senza assumere le conclusioni dell’Avvocato Generale, la Corte di Giustizia emetterà quindi direttamente la sentenza. E’ quanto apprende Agimeg da fonti della stessa Corte. La causa – sollevata da alcuni centri emissione dati collegato a GoldBet, ruota attorno all’art. 88 Tulps, e alla norma che lega il rilascio della licenza di pubblica sicurezza ai soli soggetti in possesso di una concessione per la raccolta delle scommesse. rg/AGIMEG