Caserta, Questura nega licenza ex articolo 88 a sala scommesse per parentela con i Casalesi. Per il Consiglio di Stato invece “Sola parentela non è un riscontro di legame con criminalità”

La Questura di Caserta ha negato a due giovani la licenza ex articolo 88 per l’attività di scommesse “sul rilievo dell’esistenza di cause ostative, che emergerebbero dalle informazioni acquisite dai Carabinieri rappresentate dal rischio di condizionamenti ambientali illeciti derivanti dai rapporti parentali dei due soggetti – in un caso il suocero, nell’altro il padre – con pregiudicati appartenenti al clan dei “Casalesi”.
Nell’appello, il Consiglio di Stato ha sottolineato che “l’appello principale è fondato e va accolto, per le seguenti ragioni.
Debbono richiamarsi, in premessa, le condivisibili considerazioni generali, conformi all’indirizzo giurisprudenziale del tutto prevalente, racchiuse nella stessa sentenza impugnata al punto 2 della motivazione, dove è ribadito come i requisiti attitudinali o di affidabilità dei richiedenti una licenza di pubblica sicurezza “devono sempre essere desunti dal condotte del soggetto interessato”; come non sia “ammissibile che da episodi estranei al soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative”; come il divieto di autorizzazione “può essere conseguente solo ad una valutazione complessiva della personalità del soggetto destinatario del diniego”; come, infine e per quanto più rileva in questa sede, l’amministrazione non possa limitarsi ad evidenziare solo la sussistenza di ostativi vincoli di parentela con persone pregiudicate “senza, in concreto, valutarne l’incidenza in ordine al giudizio di affidabilità e/o probabilità di abuso nell’uso della licenza”.
“La Questura si è fermata alla sola evidenza di rapporti parentali con personaggi ritenuti legati al clan camorristico dei Casalesi, senza procedere ad alcun ulteriore accertamento specifico da cui emergessero fatti imputabili ai diretti interessati, sulla base dei quali fosse ragionevole dubitare della loro buona condotta.
Se è pur vero che la giovane età dei due , valutata unitamente al carattere fortemente familistico della realtà camorristica, potrebbe far dubitare della loro effettiva ed autonoma capacità di avviare l’impresa per cui è richiesta la licenza (per quanto tale dubbio, di intestazione fiduciaria o del tutto fittizia della società, non sia neppure adombrato nella motivazione del diniego); è vero anche che un simile assunto necessita comunque di trovare un qualche riscontro, attraverso ad esempio un’elementare attività di indagine di tipo patrimoniale volta ad accertare se ed in quale misura i due giovani dipendano, nella loro iniziativa economica, da eventuali finanziamenti dei soggetti pregiudicati cui sono legati da vincoli parentali.
In assenza di un simile accertamento, come anche dell’esistenza di fatti o comportamenti loro imputabili sul piano eziologico, su cui sia possibile fondare un giudizio prognostico di inaffidabilità coerente con i principi della responsabilità personale (ossia per fatto proprio), è fondata la censura con cui si lamenta il vizio di istruttoria, al pari di una certa incoerenza nella sentenza tra l’inquadramento generale della fattispecie e la sua successiva concreta risoluzione.
Si intende che l’evidenza di rapporti parentali del tipo di quelli indicati nell’atto annullato desta comunque un comprensibile allarme e dovrà, quindi, costituire la base per porre in essere, in sede di riedizione del potere di autorizzazione, un accertamento più ampio e complessivo, attraverso l’acquisizione di elementi ulteriori che abbiano riguardo alle condizioni personali e patrimoniali dei richiedenti ed ai loro rapporti effettivi e quotidiani con i familiari ritenuti legati alla criminalità organizzata”. lp/AGIMEG