“I Ctd operavano in violazione della normativa nazionale di settore, fiscale e antiriciclaggio” e per questo motivo la Corte di Cassazione ha ritenuto “infondato” il ricorso contro la misura cautelare di custodia in carcere per essersi associato con altri soggetti di Mario Gennaro, quale capo promotore e costitutore della società di fatto operante tramite la UniQ Group, allo scopo di commettere “una pluralità di delitti connessi alla gestione illecita d’imprese, in parte attive in Italia, in parte stanziate all’estero, dedite all’acquisizione di licenze e concessioni governative che servivano ad occultare lo sviluppo di attività di giochi e scommesse a distanza che operavano aggirando la normativa nazionale di settore, quella fiscale e quella anti-riciclaggio”. I supremi giudici hanno rilevato “l’infiltrazione del mercato dei giochi e scommesse a distanza e della rete commerciale dell’organizzazione, dedita alla diffusione dei giochi e scommesse a distanza illeciti, di un’associazione a delinquere di tipo mafioso (…) che muovendo dalla provincia di Reggio Calabria estendeva le sue articolazioni in tutto il territorio nazionale ed avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, operando un rigoroso controllo territoriale e delle attività imprenditoriali attive nel settore dei giochi e delle scommesse a distanza in Calabria”. Per la Cassazione “in mancanza della concessione e della licenza, per escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice, occorre la dimostrazione che l’operatore estero non abbia ottenuto le necessarie concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare o per effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nazionale nei confronti dell’operatore comunitario. In siffatti casi, il giudice nazionale, anche a seguito della vincolante interpretazione data alle norme del trattato dalla Corte di giustizia CE, dovrà disapplicare la normativa interna per contrasto con quella comunitaria”. Tuttavia per i giudici “i ctd oggetto del procedimento, operavano in violazione della normativa di settore, esercitando, di fatto, attività assimilabili a quelle delle agenzie di scommesse e giochi a distanza, raccogliendo denaro e pagando vincite; circostanza, questa, che rende priva di rilevanza in causa la questione pregiudiziale di compatibilità tra norme interne e diritto comunitario”. lp/AGIMEG