La Corte di Cassazione ha dichiarato “infondato” il ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica contro il Tribunale del riesame di Milano che aveva accolto la richiesta di riesame avanzata dal titolare di un ctd Stanley indagato del delitto di cui all’art. 4, comma 1 e 4 bis legge 13 dicembre 1989, n. 401, per aver esercitato, senza l’autorizzazione di cui all’art. 88 TULPS, attività di raccolta scommesse per il bookmaker e che, per l’effetto, disponeva la restituzione dei beni oggetto del sequestro. Il Tribunale di Milano, pur dando atto dell’assenza di autorizzazione ex art. 88 Tulps in capo al titolare e della mancanza di concessione in capo alla società Stanleybet, rilevava il carattere discriminatorio della disciplina interna (bando Monti), come risultante dallo schema di convenzione emanato dalla A.A.M.S. con riguardo all’obbligo di cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e della raccolta del gioco, una volta venuta meno la concessione, anche per scadenza temporale, situazione che aveva indotto Stanleybet a non partecipare al suddetto bando e ad impugnarlo avanti al TAR. Per i supremi giudici “il ricorso è infondato alla luce delle recenti pronunce dalla Corte di Giustizia” che ha concluso che «occorre risolvere la questione proposta dichiarando che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione nazionale restrittiva, quale quella in questione nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da detta disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare», escludendo, invece, alcun profilo di incompatibilità quanto «alla minore durata delle concessioni in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni». Pertanto – conclude la Cassazione – “l’ordinanza del Tribunale di Milano, in linea con le pronunce citate della Corte di Giustizia, è corretta”. lp/AGIMEG
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