Slot, Tar Lazio difende la distanza minima dei 300mt fissata da Genova: scelta discrezionale Legislatore può essere sindacata solo se irrazionale

“Risulta evidente che la fissazione per legge di una distanza minima di 300 mt. dai luoghi sensibili è chiaramente finalizzata ad assicurare un’applicazione uniforme della norma all’interno del territorio della Regione Liguria e, quindi, ad evitare disparità di trattamento tra casi analoghi. Inoltre il Collegio ritiene che l’individuazione di tale distanza minima in 300 mt. rientri nella discrezionalità legislativa del Legislatore ligure, la quale trova il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, e che nel caso in esame tale limite non sia stato superato, perché dall’esame del quadro normativo innanzi delineato si evince che i legislatori regionali e provinciali hanno fissato la distanza di cui trattasi entro un range variabile da 300 a 500 mt”. E’ quanto afferma il  Tar del Lazio in una sentenza in cui difende  nuovamente la legge regionale della Liguria in materia di gioco d’azzardo e  respinge il ricorso presentato da una ricevitoria di Genova contro il diniego della licenza di polizia per installare 4 apparecchi da gioco nell’esercizio. Il Collegio ricorda infatti che la distanza minima dei 300 metri “è stata prevista anche da altri Legislatori regionali e provinciali” (l’hanno adottata  ad esempio le province di Bolzano, Trento, e la Regione Abruzzo), “mentre in altre Regioni tale distanza è stata determinata in 500 metri” (Toscana, Lombardia, Puglia).

La ricevitoria nel ricorso aveva anche sostenuto che il Comune non avesse titolo per dettare una disciplina sull’istallazione delle slot, visto che la materia sarebbe riservata allo Stato. Per il Tar invece, la competenza del Comune di Genova deriva dalla legge della Regione Liguria 17/2012: “affermata la competenza legislativa delle regioni in materia di fissazione di limiti alla collocazione nel territorio delle sale da gioco e di attrazione e delle apparecchiature per giochi leciti, per tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, per prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo e per evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica – risulta evidente che il fondamento del potere esercitato dal Comune di Genova nel caso in esame si rinviene nel già ricordato art. 2, comma 2, della legge regionale n. 17/2012”. La ricevitoria ha inoltre proposto diverse questioni  di illegittimità costituzionale – che la Seconda Sezione ha però respinto – e ha eccepito l’irrazionalità della legge regionale dal momento che colpisce alcune rivendite favorendo di fatto le altre, e include alcuni luoghi sensibili, ma ne esclude altri senza apparente motivo. Sulla scelta dei luoghi sensibili da tutelare, il Tar ha quindi spiegato che l’elenco tracciato nella legge regionale n. 17/2012 “risulta tutt’altro che irrazionale, perché il Legislatore regionale, oltre ad individuare luoghi qualificati sensibili ex lege, ha affidato ai Comuni il compito di individuare altri luoghi sensibili nel rispetto di criteri predefiniti”. Inoltre, sul fatto che nell’elenco siano state incluse le scuole – previsione sostanzialmente inutile, sosteneva il ricorrente, visto il divieto di gioco minorile – il Tar spiega che  “le finalità perseguite dal Legislatore regionale con la legge n. 17/2012 attengono alla tutela dei soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili e alla prevenzione di forme di gioco compulsivo, sicché l’inclusione degli istituti scolastici tra i luoghi sensibili va a completare la tutela dei minori di 18 anni, finora affidata al divieto di accedere ai luoghi ove si pratica il gioco lecito”. rg/AGIMEG