L’attacco al gioco, una crociata senza passato e senza futuro

Era il 14 febbraio del 1981 quando vidi pubblicato sul “Sistemista”, un mensile che si occupava dei pochi giochi disponibili dell’epoca, il mio primo articolo dedicato al Lotto. La soddisfazione fu enorme, nemmeno avessi vinto il Pulitzer e quel San Valentino molto speciale segnò il mio innamoramento giornalistico per il gioco. Sono passati 32 anni, sono cambiato io, è cambiato il mercato ma non è cambiato il mio innamoramento. E’ un amore meno focoso di trent’anni fa ma con il piacere dell’esperienza. Da qualche tempo però c’è un altro sentimento, altrettanto forte, che avvolge il gioco: è l’odio. “E’ un sentimento umano che si esprime in una forte avversione o una profonda antipatia. Lo distingue da questi ultimi la volontà di distruggere l’oggetto odiato”: così Wikipedia definisce l’odio. Da tempo l’odio siede insieme a colleghi, più o meno illustri, che hanno scatenato orde di articoli ed inchieste per distruggere il gioco. C’è chi addirittura, come il quotidiano l’Avvenire, è un novello Attila che cerca di fare terra bruciata attraverso pagine e pagine dedicate alla demonizzazione del gioco. Queste persone che oggi cavalcano destrieri d’inchiostro pochi anni fa nemmeno sapevano cosa fosse una newslot o un’accoppiata ai cavalli. Dove erano questi esimi colleghi quando Camorra e Mafia gestivano corse illegali, scommesse clandestine, Lotto nero, videopoker ed il giocatore era solo un limone da spremere senza rispetto e senza tutele? Dove erano questi colleghi quando si sparava per strada per difendere il territorio della criminalità legata al gioco? Oggi le stesse organizzazioni criminali hanno delle infiltrazioni ma non gestiscono, come prima, il settore. E’ vero che parliamo di cifre diverse rispetto a dieci anni fa, ma senza lo Stato oggi il gioco porterebbe a Mafia, Camorra e affini risorse senza fine. La soluzione però è, per i suddetti colleghi, molto semplice: basta eliminare tutti i giochi ed il problema è risolto. Soluzione che all’asilo di mio nipote avrebbero trovato geniale, ma che già all’elementari sarebbe stata facilmente smontata. Penso che le organizzazioni criminali sarebbero disposte anche a finanziare articoli di questo tenore, perché dove muore lo Stato vivono meglio loro. Ci sarebbe quindi quasi da ridire, se non ci fossero davvero problemi importanti, quando si legge di Stato biscazziere. Lo Stato è l’unica arma che abbiamo per combattere la battaglia contro la criminalità, è il nostro castello dal quale rovesciare olio bollente su malviventi che vogliono derubarci. Se crolla il castello è la fine. Ma dietro questa voglia di distruggere, almeno a parole, si cela un odio politico ed economico. Il paravento del sociale è la chiave per scardinare le coscienze, per reclutare tra l’opinione pubblica nuovi adepti per la persecuzione di chi offre gioco. E persecuzione è sinonimo di voti, di copie vendute, di parti politiche da eliminare, di ricerca di denaro statale, di ingordigia imprenditoriale. Insomma un odio mirato, più cattivo perché dall’altra parte non c’è colpevole. In tutto questo c’è però effettivamente la zona franca di chi del gioco ne ha fatto una malattia. Giustissimo quindi prestare la massima attenzione da chi è affetto da ludopatia. Ed in tal senso tutti gli attori coinvolti hanno promosso iniziative, più o meno efficaci, per circoscrivere e prevenire la malattia da gioco. Ma il problema non si risolve di certo sradicando slot od incendiano cataste di gratta e vinci. Per ogni slot legale buttata a mare ne nascerebbe una illegale, facendo ritornare il gioco alla preistoria, dove la regola era nessuna regola. La ludopatia non scomparirebbe, anzi provocherebbe una sorta di aviaria da slot con alto rischio di contaminazione visto l’assenza di trasparenza e di controllo come avviene oggi. Il problema sta nell’educazione dell’individuo, nella sua percezione dei valori. Queste persone, se non ci fosse l’offerta di gioco, probabilmente sarebbero affetti da altre “patie”. Il problema non è il gioco, ma di come lo si affronta e quindi la soluzione ve cercata nel rovescio della medaglia. Tra l’altro chi offre gioco, come i ricevitori od i gestori delle sale, sono la prima linea per la vaccinazione della nuova malattia da gioco come dimostrato dai recenti fatti di cronaca. Da Mentana a Saviano, passando per i sindaci di Milano e Napoli, sono tanti i personaggio che si sono lanciati nella crociata contro il gioco. Ma qui non c’è nessuna Terra Santa da riconquistare, c’è solo da fare informazione corretta, da capire cosa era, cos’è e come potrebbe essere il settore del gioco. “Se non ricordiamo non possiamo comprendere”, diceva lo scrittore inglese Morgan Forster e mai come oggi è importante, per intervenire in maniera seria e corretta su questo settore, conoscere la storia del gioco, capire da dove si è partiti per capire il presente e programmare al meglio il futuro, Se si ignora questo, la criminalità organizzata ve ne sarà eternamente riconoscente…

Fabio Felici