Giochi, CGE: Giudice nazionale nell’esame di una norma restrittiva deve valutare non solo gli obiettivi, ma anche gli effetti

“L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che, in sede di esame della proporzionalità di una normativa nazionale restrittiva nel settore dei giochi d’azzardo, occorre fondarsi non solo sull’obiettivo di tale normativa, così come appariva al momento della sua adozione, ma anche sugli effetti di detta normativa, valutati successivamente alla sua adozione”. E’ quanto afferma la Corte di Giustizia Europea nella sentenza Admiral Casinos emessa venerdì. In sostanza, il giudice comunitario chiede che nel valutare se sia legittima o meno una normativa nazionale che restringe l’offerta di gioco, si debba valutare non solo l’obiettivo che la norma si prefiggeva, ma anche la situazione di fatto che essa ha determinato. Come già affermato nella sentenza Pfleger e a. (C‑390/12), “la Corte ha dichiarato che il giudice nazionale deve effettuare una valutazione globale delle circostanze alla base dell’adozione e dell’attuazione di una normativa restrittiva”. In più occasioni, inoltre, la CGE ha stabilito che le normative restrittive debbano limitare le occasioni di gioco “in maniera coerente e sistematica”, e quindi debbano “rispondere alla preoccupazione di ridurre le occasioni di gioco ovvero di contrastare le attività criminali connesse allo stesso non solo al momento della sua adozione, ma anche successivamente”. Di conseguenza, – ribadisce adesso la CGE – “l’approccio adottato dal giudice del rinvio deve essere non statico, bensì dinamico, nel senso che egli deve tenere conto dell’evoluzione delle circostanze successive all’adozione di detta normativa”. In altre parole – come già affermato nella sentenza Dickinger e Ömer C‑347/09 – il giudice nazionale deve tenere in considerazione anche aspetti come “l’evoluzione della politica commerciale degli operatori autorizzati e la situazione, al momento dei fatti di cui al procedimento principale, delle attività criminali e fraudolente connesse ai giochi d’azzardo”.
La controversia nasce da una causa intentata dalla Admiral Casinos contro alcuni esercenti del  Land della Bassa Austria che nei loro locali avevano istallato degli apparecchi da intrattenimento  gestiti da operatori della Repubblica Ceca e della Slovacchia. La Admiral Casinos faceva leva sulla licenza ottenuta nel Land, mentre gli altri operatori erano in possesso solo di licenze emesse nei paesi d’origine. Il Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt che ha affrotnato la questione) sosteneva che “vi sono diversi fattori difficilmente valutabili che potrebbero influire sugli effetti di detta normativa, successivamente alla sua adozione, quali la crescita demografica, la situazione economica, l’immigrazione, ecc”, e che “la conformità al diritto dell’Unione accertata al momento dell’adozione di tale normativa dalle giurisdizioni supreme non dovrebbe essere rimessa in discussione in un secondo momento da una valutazione ex post delle evoluzioni sopravvenute dopo tale adozione”. gr/AGIMEG