Azzardo, scuola di truffa: gli allievi non pagano il maestro e lui reagisce a minacce. Per la Cassazione è estorsione

Consegna a dei complici un mazzo di carte segnato e insegna come utilizzarlo, in cambio però chiede una quota dei proventi delle truffe. I complici mettono in pratica gli insegnamenti ricevuti, ma si rifiutano poi di versare quanto pattuito al maestro. L’uomo non la prende bene, e a suon di violente minacce cerca di farsi consegnare la sua quota. La vicenda finisce di fronte ai giudici, e la Corte d’Appello dell’Aquila condanna il maestro per tentata estorsione continuata. L’uomo impugna quindi per Cassazione, sostenendo che la vicenda abbia contorni differenti – non avrebbe consegnato alcun mazzo di carte truccato, ma avrebbe solo insegnato agli altri soggetti alcuni escamotage, perfettamente leciti quindi, per vincere – e chiedendo quindi che il reato venga derubricato a esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per cui è prevista una pena inferiore. Tra i due reati c’è una differenza fondamentale: nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, il reo pur potendo ricorrere a un giudice decide di farsi ragione da sé per ottenere un “preteso diritto”. Chi compie un’estorsione, invece, agisce per assicurarsi “un  ingiusto profitto”.

La Cassazione – la cui pronuncia è arrivata nelle scorse settimane – ha però dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che la lettura fornita dalla Corte d’Appello rispecchiasse fedelmente i fatti.L’accordo stretto dall’uomo con gli altri soggetti è infatti un “pactum sceleris, un negozio giuridico a causa illecita, ex art. 1343 cod. civ. che mai avrebbe potuto essere azionato dinanzi ad un giudice civile” osserva la Suprema Corte. Che poi aggiunge: ” è proprio l’illiceità dell’accordo concluso con le persone offese che qualifica l’atteggiamento psicologico dell’agente, il quale pervicacemente ha agito per ottenere la sua quota di profitti di un’attività di cui non poteva ignorare il carattere truffaldino”. E poi ricorda che la il giudice di primo grado ha richiamato la deposizione di una delle persone offese “che ha riportato una telefonata dell’imputato con l’espressa minaccia di ‘spezzare le gambe’”. gr/AGIMEG