Tar Lombardia, limitazioni orari sale gioco: gli interessi pubblici prevalgono su quelli dell’operatore

Nuova ordinanza da parte del Tar Lombardia che ribadisce il si ai limiti orari delle sale slot imposti dal Comune di Milano. Nel testo i giudici spiegano che la domanda cautelare di sospensione del provvedimento del sindaco non è stata accolta in quanto “Ritenuto che la legge dello Stato (art. 50, comma 7, del D.lgs. n. 267/2000) attribuisce espressamente al Sindaco il potere di coordinare e riorganizzare “sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”; che la giurisprudenza, condivisa dal Collegio, si è più volte pronunciata nel senso di ritenere la disposizione da ultimo richiamata come idonea a costituire il fondamento legislativo del potere sindacale di disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco, anche al precipuo fine di contrastare il fenomeno del gioco di azzardo patologico; che la stessa Corte Costituzionale, valorizzando i “poteri interpretativi che la legge riconosce al giudice”, ha recentemente invitato il giudice a quo a “praticare” tale opzione ermeneutica, onde scongiurare che la norma in commento possa porsi in contrasto con i principi costituzionali; che, sotto il profilo della possibile antinomia con le fonti normative primarie, il potere sindacale in questione, da un lato, non pare interferire con i titoli di legislazione esclusiva dello Stato, dall’altro, non sembra confliggere con l’attuale quadro di legislazione concorrente della Regione; che, anche alla stregua del diritto europeo, le restrizioni all’iniziativa economica (anche in materia di sale da gioco) possono essere giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale, tra cui possono ricomprendersi la tutela degli utenti per arginarne l’incitamento alla spesa eccessiva, nonché la prevenzione delle turbative dell’ordine sociale; che, del resto, la stessa direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006, relativa “ai servizi nel mercato interno”, espressamente specifica che “è opportuno escludere dal campo d’applicazione della presente direttiva i giochi con denaro, ivi comprese le lotterie e le scommesse, tenuto conto della natura specifica di tali attività, che “la presente direttiva non si applica alle … attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse”; che il D.lgs. n. 59/2010, art. 7, in attuazione della richiamata direttiva europea, stabilisce che “le disposizioni del presente decreto non si applicano … al gioco d’azzardo e di fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché alle reti di acquisizione del gettito”; che la natura imperativa dell’interesse pubblico sotteso all’azione di contrasto alla ludopatia è attestata dallo stesso legislatore statale (cfr. art. 5, del D.L. n. 158/2012), nella misura in cui ha inserito tale patologia nei livelli essenziali di assistenza (LEA). Ritenuto, quanto all’adeguatezza e alla proporzionalità della misura: che, in termini generali, sussiste una sfera della decisione pubblica non “lambita” dal diritto, il che accade ogni qual volta il decisum si collochi tra le alternative lecite (parimenti ragionevoli e proporzionate) dell’azione amministrativa, trovando (in tal caso) la scelta perseguita la sua forza ed il suo fondamento nella legittimazione politica propria dell’istituzione maggioritaria e nei conseguenti meccanismi di responsabilità; che, com’è noto, il principio di proporzionalità – il quale, secondo la giurisprudenza, assume nell’ordinamento interno lo stesso significato che riveste nell’ordinamento comunitario – si articola nei tre distinti profili della idoneità, necessarietà e adeguatezza; che, nella specie, le disposizioni in commento sono dichiaratamente finalizzate: a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili o immaturi (per la giovane età o perché bisognosi di cure); a prevenire forme di gioco compulsivo; ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano e la quiete pubblica; che la valutazione del Comune circa l’incidenza negativa sulla salute dei cittadini (intesa, pare di capire, in termini non solo di malattia ma anche di pericolo per il benessere individuale e collettivo della popolazione locale) derivante dall’apertura prolungata delle sale giochi, appare idonea e adeguata in quanto: – i dati allegati in atti evidenziano l’incremento esponenziale degli utenti seguiti per gambling dai Ser.t., in stretta correlazione con l’aumento della diffusione delle sale da gioco (a Milano sussistono 1992 esercizi commerciali, per un totale di 8165 apparecchi da gioco); – i soggetti giovani ed anziani appaiono (anche secondo norme di comune esperienza) maggiormente esposti alla capacità suggestiva del guadagno derivante dalla scommessa; – il numero dei soggetti, tra le categorie a rischio, non è un dato trascurabile quando si tratta di intervenire a tutela di beni fondamentali (si trattasse anche di sole 100 persone); che la medesima valutazione del Comune appare anche necessaria, in quanto l’introduzione (mercé il D.L. n. 158/2012, art. 7, comma 10) di forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco, territorialmente prossimi a zone sensibili (ed analogo discorso può farsi con riguardo alle misure limitative introdotte con la legge regionale n. 8/2013 e con la D.G.R. n. 1274/2014, emanata in attuazione della stessa), è destinata ad operare solo rispetto alle concessioni di raccolta di gioco pubblico affidate successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, restando quindi escluse le autorizzazioni già rilasciate. Ritenuto, quanto al periculum: che deve attribuirsi netta preponderanza agli interessi pubblici assunti a tutela dalla determinazione impugnata, rispetto al danno prettamente economico paventato dall’operatore“.lp/AGIMEG