Slot, Cassazione respinge ricorso contro componente clan che imponeva videogiochi modificati e illegali: “Elementi indizianti congrui, ricorrente conosceva metodi intimidatori e li applicava nelle slot machine illegali”

La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto perché “infondato” il ricorso presentato contro il Tribunale del riesame di Caltanissetta, che aveva confermato parzialmente la custodia in carcere per Barbera Salvatore, accusato di partecipazione all’associazione mafiosa “operante a Troina, quale articolazione territoriale della famiglia di Santapaola di Catania, inserita nell’organizzazione di Cosa Nostra, gruppo capeggiato da Schinocca Davide e composto da altri coindagati”. Barbera era accusato di svolgere all’interno dell’associazione mafiosa un ruolo attivo nel settore del racket dei videogiochi, attraverso “la partecipazione all’imposizione di macchinette illegali (videogiochi modificati in modo da consentire vincita in danaro con elusione del collegamento coi monopoli) e alla spartizione di parte dei profitti conseguiti dagli esercenti”. Gli avvocati della difesa sostenevano che “i giudici del riesame ripercorrevano con tecnica del copia/incolla vari passi dell’ordinanza cautelare, commentandoli con motivazione stereotipata ed aspecifica, omettendo l’analisi di vari motivi di impugnazione prospettati; essi svalutavano le macroscopiche contraddizioni insite nelle dichiarazioni rese dalle persone offese, attribuendo maggior valore a dichiarazioni de relato”. Ma va ricordato che la Suprema Corte è “priva di potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e di rivalutazione degli apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità, quindi, è limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo determinavano e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. La contestazione associativa, infatti, contempla un riferimento al sodalizio Cosa nostra e, pertanto, non si espone a censura la sentenza del giudice di merito che ritenga la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416 bis, comma quarto, cod. pen., qualora – come nella specie – il delitto associativo sia contestato agli appartenenti di una “famiglia” mafiosa aderente a Cosa nostra; con riferimento alla stabile dotazione di armi dell’organizzazione mafiosa denominata “Cosa nostra”, bene e correttamente può ritenersi che la circostanza costituisca fatto notorio, non ignorabile dai singoli partecipi e a maggior ragione da parte di chi, come l’odierno ricorrente, a conoscenza dei metodi intimidatori adottati dall’associazione per averli subiti, poi si adoperava al suo interno per realizzarne i suoi scopi illeciti nello stesso settore delle slot machine illegali”. dar/AGIMEG