Legge Emilia finisce per la prima volta di fronte al Consiglio di Stato. Si punta sull’effetto espulsivo

La Legge Regionale sul gioco dell’Emilia Romagna arriva per la prima volta di fronte al Consiglio di Stato. Si è discussa oggi – di fronte alla Quinta Sezione – la richiesta di sospendere il distanziometro adottato a inizio anno dal comune di Castelnovo ne’ Monti, e di conseguenza anche la legge regionale da cui trae origine. A intentare il ricorso una sala da gioco – a cui il Comune ha intimato di chiudere entro sei mesi, o di trasferirsi in altra sede per rispettare la distanza di 500 metri dai luoghi sensibili – ma a dimostrare l’importanza dell’evento il fatto che siano intervenuti a sostegno della sala anche le associazioni Acadi e Astro, la Romagna Giochi, e le concessionarie Codere, Cirsa, e Nts.
Le ricorrenti hanno depositato in giudizio una perizia per dimostrare che il distanziometro di fatto ha l’effetto di espellere il gioco dal Comune. Si potrebbe collocare una sala da gioco solamente in una piccola parte del territorio, pari all’1,14% della superficie complessiva. Si tratta però di aree industriali o residenziali “ove i fabbricati poco si addicono all’inserimento dell’attivita stessa” conclude la perizia. I luoghi sensibili, infatti, “risultano in ogni caso presenti in tutto il territorio del Comune”. Inoltre, anche se la sala si trasferisse – hanno sottolineato gli avvocati in udienza – basterebbe l’apertura di un asilo a mettere fuori legge l’attività.
Per la Regione – il Comune non si è costituito in giudizio – la Legge Regionale‎ va di pari passo alla politica tracciata dal Governo, con la riduzione della rete e soprattutto con la ricollocazione dei punti di gioco. Inoltre, il provvedimento di chiusura non è immediatamente lesivo: la società ha comunque possibilità di trasferire la sala nel rispetto delle distanze. Anche qualora si arrivasse a una chiusura definitiva, comunque, la società non subirebbe un grave danno: gestisce infatti altre sale, e quella di Castelnovo opera in un piccolo comune di 10mila abitanti.
In primo grado il Tar Bologna – a fine maggio – ha respinto la richiesta di sospensiva sostenendo che la sala non avesse dimostrato di poter subire un danno. “La società ricorrente enuncia genericamente –ma non comprova documentalmente – l’esistenza effettiva di un pregiudizio grave ed irreparabile in relazione alla propria complessiva condizione patrimoniale, reddituale ed imprenditoriale, mediante esibizione in giudizio di certificazione conforme in copia autenticata nelle forme di legge”‎
La decisione del consiglio di Stato e’ attesa nelle prossime 24-48 ore. gr/AGIMEG