Inchiesta maxi-penali slot, Smiroldo: “Ho sfidato i signori del gioco”

Marco Smiroldo non è più uno dei pm della procura della Corte dei conti di Roma. Alla fine ha scelto di fare il salto: è diventato giudice, sempre nella Capitale.

«Sono un tipo tranquillo; non voglio incarichi, non ho mai avuto particolari aspettative di carriera: mi va benissimo così». Marco Smiroldo è il pm dei 98 miliardi. E stato lui a chiedere quella maxi-sanzione alle dieci società delle slot machine in Italia. Ora il processo va verso la conclusione: sei concessionari hanno deciso di chiudere la partita approfittando del maxi sconto offerto dal governo Letta. Altri quattro hanno rifiutato: vogliono il giudizio di secondo grado, che inizierà il 9 luglio. E Smiroldo rivela: «Quell’inchiesta? Ora voglio solo dimenticarla».

Era il 2007 e la sua iniziativa seguì una lunga indagine della Finanza, del nucleo specializzato contro le frodi telematiche (il Gat) guidato allora dal colonnello Umberto Rapetto. Una super multa, la più grande contestazione economica mai mossa nella storia del nostro Paese, per le inadempienze nei contratti con lo Stato: le macchinette, contrariamente a quel che garantivano gli impegni sottoscritti con i Monopoli, non erano connesse al sistema centrale di controllo. Monete e banconote entravano nelle gettoniere, ma i contatori giravano a vuoto, l’erario non incassava. Il prossimo 9 luglio inizierà quindi il processo d’appello per le quattro società, su dieci, che non hanno voluto approfittare della generosabenevolenza dello Stato per chiudere la partita.  «E’ comunque una cifra enorme, non siamo in grado di pagarla, per noi sarebbe il crac. E con noi crollerebbe tutto il sistema del gioco legale», rivela Smiroldo  in un’intervista al  al Secolo XIX. Il deus ex machina  è arrivato, e non era difficile prevederlo, dalla politica: il governo Letta, per compensare l’abolizione del’l’Imu, ha trovato un escamotage per far cassa subito. Uno sconto e consistente: chi paga immediatamente, paga solo il 30 per cento. E finita così: sei società hanno saldato cash, altre quattro hanno deciso di proseguire il processo andando in secondo grado. Dottor Smiroldo, alla fine dell’inchiesta e del processo sui signori delle slot machine – si legge sul SecoloXIX sono entrati nelle casse dello Stato meno di 400 milioni.

«E dire che, in termini assoluti, non è neppure una cifra disprezzabile. Recuperare 400 milioni, per una Corte dei conti, è un successo. Certo, è andata in maniera molto differente rispetto alle aspettative iniziali…». Per quale motivo è andata a finire così? «Guardi, la verità è che quell’inchiesta io preferisco dimenticarmela. L’ho messa in soffitta, in qualche luogo remoto della mia mente».

Nel senso che non ne vuole neppure più parlare?

«Io ricordo sempre una frase che mi diceva mia madre: il giardino dell’uomo sereno è pieno di fiori della dimenticanza. La mia vita mi ha fatto apprezzare quell’insegnamento ricevuto da bambino, è proprio vero, sacrosanto».

Ma non ha avuto mai avuto ripensamenti, magari derivanti dalla stanchezza e dallo stress, sul suo ruolo e sul suo lavoro?

«Questo no. Io faccio il magistrato, lo faccio volentieri e alla fine credo di farbene, e di aver fatto bene, almeno al massimo delle mie forze, quello che i cittadini mi chiedono. Non me ne sono andato né l’ho mai pensato. Ho solo voltato pagina».

Un nuovo incarico: è giudice alla Corte d’appello…

«Ovviamente in una sezione diversa da quella che dovrà giudicare in secondo grado sulla vicenda delle slot machine. Io me ne tengo ben lontano. Non me ne sarei comunque dovuto occupare: esiste una Procura generale e due validissimi colleghi sosterranno l’accusa. Per quanto riguarda me, sono ben contento di essere il più distante possibile».

Ha pestato molti piedi…

«Ho toccato molti interessi, sicuramente anche di più di quanti io stesso potessi prevedere. Nei confronti di persone e situazioni che nemmeno conoscevo prima. Insomma: non sono mai stato animato da alcun pregiudizio. Ho fatto tutto sempre seguendo una convinzione».

Oggi,si sente sereno?

«Sì. E evidente che ci sia stata molta fibrillazione intorno a questa inchiesta. Che fa parte del mio passato, che non rinnego, ma che ho archiviato. Ora devo pensare ad altro, a nuove situazioni, cercando di farlo bene come ho sempre cercato di farbene il mio lavoro in tutta la mia vita».

Continuerà a darle soddisfazioni?

«Spero proprio di sì, anche se in un ruolo diverso. E mi sento di spendere una parola per i miei colleghi. Mi raccomando, rispettate sempre le Corti dei conti, ci sono tantissimi magistrati preparati che lavorano, spesso nell’ombra, con serietà, senza tanto clamore, per il bene della collettività, per tutti i cittadini danneggiati da certi comportamenti».