Giochi, Ungheria finisce nuovamente di fronte alla CGE. Sollevati 16 dubbi su esclusione di alcuni operatori e su coerenza del sistema

La normativa ungherese sui giochi finisce di nuovo di fronte alla Corte di Giustizia Europea. A sollevare una serie di dubbi – il rinvio pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale ne comprende addirittura 16 – è il tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, affrontando la causa tra Sporting Odds Limited e Nemzeti Adó- és Vámhivatal Központi Irányítása. Il giudice ungherese chiede in particolare se rispetti il diritto comunitario una normativa che da un lato mantenga il monopolio su scommesse sportive e scommesse ippiche, online e offline, e dall’atro liberalizza l’offerta dei giochi casinò sia online e offline, “che comportano a loro volta un notevole rischio di dipendenza”. Inoltre, osserva che possono richiedere una licenza per operare online solamente i soggetti “che dispongono di casinò fisici (con concessione) in territorio ungherese”, mentre sono esclusi tutti gli altri operatori “compresi i prestatori di servizi che dispongono di un casinò fisico in un altro Stato membro”.

Il giudice ungherese solleva poi una serie di dubbi sulla coerenza della disciplina nazionale. Sottolinea infatti che la riorganizzazione del mercato è “giustificata dalla lotta contro la ludopatia e dall’obiettivo giuridico di proteggere i consumatori”, ma “ha come conseguenza effettiva o si concretizza in un incremento continuo del numero di casinò, dell’imposta annua sui giochi nei casinò”. Oltretutto, “l’obiettivo di politica economica di ottenere un aumento delle entrate nette provenienti dal gioco e di conseguire un livello di generazione di entrate straordinariamente alto dal mercato dei casinò di gioco nel minor tempo possibile al fine di finanziare altre uscite di bilancio e servizi pubblici dello Stato”.

Il tribunale amministrativo ripropone anche un quesito molto simile a quello già avanzato nel caso Unibet: la normativa ungherese prevede infatti una gara per l’assegnazione delle licenze e garantisca quindi “la possibilità teorica che qualsiasi fornitore di servizi che soddisfi i requisiti giuridici — compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro — ottenga la concessione per gestire un casinò fisico”; ma in realtà “lo Stato membro in questione non indice alcuna gara pubblica e trasparente per l’attribuzione della concessione e il prestatore del servizio non ha, in pratica, la possibilità di presentare un’offerta”.

Nel caso di Unibet, l’Avvocato Generale della CGE Maciej Szpunar ha presentato la settimana scorsa le proprie conclusioni, invitando la Corte a dichiarare la norma ungherese contraria al diritto comunitario. “La situazione legale non è chiara” ha scritto Szpunar, “viste le evoluzioni nel quadro normativo. In una simile situazione un operatore non ha la possibilità di prepararsi a una gara e di regolare la propria strategia. Inoltre, anche qualora Unibert avesse partecipato a una procedura, difficilmente avrebbe potuto prevederne l’esito, vista l’ampia discrezionalità riconosciuta all’autorità competente”. Szpunar ha quindi sostenuto che le autorità ungheresi non possano sanzionare gli operatori che non rispettano la normativa: “Per costante giurisprudenza, la Corte di Giustizia ha affermato che non possa essere sanzionato l’operatore che viola una normativa nazionale sui giochi contraria all’art. 56 del TFUE. Questo vale sia per le sanzioni penali che per quelle amministrative”.cdn-gr/AGIMEG