Giochi, Curcio (Sapar): “Il proibizionismo non ha mai pagato, dove le slot legali sono state tolte dai pubblici esercizi sono state sostituite da totem illegali”

“Va bene parlare di gioco in Tv, ma senza giocare con i numeri. Vorremmo fare chiarezza. E’ stato detto che non bastano 300 metri di distanza dalle scuole per tenere alla larga i più giovani dalle slot. Quale è la distanza giusta? 500 metri, 1 chilometro? Premesso che il gioco è sempre vietato ai minori, ha senso parlare di distanza da luoghi sensibili, come appunto le scuole, quando i giovani sono i meno interessati alle macchine da intrattenimento? Lo conferma la recente indagine Nomisma Young Millennials. Certo, ci sono altri giochi e altri luoghi sensibili. Ma davvero vogliamo combattere fenomeni patologici introducendo distanze fisiche quando basta uno smartphone o un pc per collegarsi alle multinazionali delle scommesse e del poker online”. E’ quanto si chiede in una lettera aperta al direttore di “LaVerità” Raffaele Curcio, Presidente Sapar-Confesercenti. “Togliere le slot da luoghi aperti dove è forte il controllo sociale, come bar appunto e magari ghettizzarli in altri spazi, rischia di far aumentare l’isolamento di chi gioca, con i rischi che ne conseguono. Senza contare che dove le slot legali sono state tolte dai pubblici esercizi, in breve tempo sono state sostituite da totem illegali, come sottolineato dalla stessa Agenzia dei Monopoli”. Che fare? si chiede Curcio. “Il proibizionismo non ha mai pagato. Distruggere la filiera del gioco pubblico, colpire aziende e lavoratori onesti che producono reddito e gettito erariale, non farebbe altro che riportarci all’epoca delle bische clandestine. Serve un approccio nuovo, cultura e formazione. Esistono meccanismi automatici di riconoscimento della maggiore età e sistemi di blocco dopo una certa quantità di tempo e denaro giocato. Le istituzioni ci consentano di introdurle. Sapar, che rappresenta oltre 1700 aziende e 200 mila lavoratori, è pronta a discuterne con il sottosegretario Baretta e il Ministro Costa. Il confronto, però, riparta da dati veri. Dire che c’è un’Italia malata di gioco, senza dati precisi, non è serio. Eppure si continua a dare numeri, come quelli secondo cui sarebbero almeno un milione le persone affette dalla patologia. Ma questo è un approccio utile a vincere la sfida degli ascolti in prima serata, non quella della riorganizzazione di un settore e della tutela delle persone più esposte”, ha concluso Curcio. lp/AGIMEG