Eurispes: “Anche a livello internazionale la riduzione del numero di apparecchi e limiti orari non impattano sui comportamenti dei giocatori più problematici”

“La riduzione del numero degli apparecchi è uno strumento che non sembra aver prodotto, a livello internazionale, un particolare impatto sulla propensione al gioco per i soggetti problematici. Nella letteratura internazionale il distanziometro e la limitazione degli orari occupano uno spazio assai ridotto, rispetto alle attenzioni verso le azioni in grado di sviluppare nei giocatori “sociali” la consapevolezza dei rischi del gioco, e che tutelino maggiormente i giocatori problematici e patologici”. E’ quanto si legge nel Rapporto Eurispes sul gioco. “Lo stesso si può dire per l’introduzione di alcune forme di auto-limitazione, vale a dire i limiti che i giocatori possono porre, con l’assistenza degli esercenti, alla loro esperienza di gioco. Porre un tetto al “tempo di gioco”, al denaro che si può prelevare o anche a quanto si può spendere in “gioco” nel corso di una giornata ‒ procedure che, sulla carta, possono apparire efficaci ‒ in realtà pone limiti per l’intera platea dei giocatori, ma non impatta specificamente sui comportamenti di quelli più problematici. Uno strumento che invece contribuisce a presidiare la consapevolezza dei rischi e a tutelare i giocatori problematici è l’istituto dell’esclusione da determinate offerte di gioco, quali quelle dei casinò, o di alcune piattaforme di gioco online (prevalentemente, nelle numerose esperienze estere, con modalità volontarie). Concepita negli Stati Uniti negli anni Novanta, l’esclusione prevede in genere un periodo di allontanamento dal gioco, richiesto quindi dal giocatore stesso e fatto rispettare dai soggetti esercenti; esso può variare dai 3 mesi ai 5 anni. I giocatori che si auto-escludono sono inseriti in specifici registri regionali o nazionali, che garantiscono il monitoraggio delle loro attività nell’ambito delle reti distributive legali del gioco con vincita in denaro. L’auto-esclusione è una misura attualmente adottata in diverse realtà dell’area anglofona (Stati Uniti, Australia, Canada e Sud Africa), ma anche in altri importati paesi quali la Germania, l’Austria, la Francia e la Spagna. Anche se l’autoesclusione si è rivelata in parte uno strumento “spuntato”, dato l’elevato tasso di recidività dei giocatori iscritti (circa il 15% in Australia, fino al 70% negli Stati Uniti, a causa dell’adozione di sistemi differenti e non omogenei tra gli operatori di casinò), resta comunque un meccanismo che tende ad accresce la consapevolezza dei rischi derivanti dal consumo eccessivo di gioco, e che responsabilizza tanto il giocatore che l’esercente, senza inficiare le opportunità di gioco per i giocatori ‘sociali'”. cr/AGIMEG