eSports, Lequile (organizzatore Italian Tekken League) ad Agimeg: “L’Italia è tra le migliori nazioni a livello organizzativo e competitivo, ma non esiste una legislazione ben definita in merito”

“I partecipanti unici all’evento sono stati circa 300. Mentre i partecipanti della tappa finale sono stati 80, 32 su invito e gli ultimi che si sono sfidati nel Last Chance per ottenere i due posti rimasti disponibili. La copertura sul territorio è andata dalla Sicilia alla Lombardia con una tappa anche in Sardegna, abbiamo toccato tutte le Regioni. Le città interessate sono state Catania, Bari, Padova, Genova, Gallarate e Milano. In tutta la stagione sono stati disputati più di 1.500 incontri. Gli incontri della fase finale sono stati circa 64. E’ stato registrato un record in streaming di 300 persone, record in Italia per un picchiaduro di questa portata. Sono state coinvolte 13 Community regionali, 10 Team professionistici. Abbiamo portato come altro gioco Pokken, nelle ultime quattro tappe grazie ad una collaborazione per Nintendo ad hoc”. E’ quanto ha detto ad Agimeg Mariano Lequile, organizzatore della prima stagione dell’Italian Tekken League, primo campionato italiano di Tekken 7. In Italia il settore degli eSports è ancora poco trattato rispetto agli altri Paesi del mondo “questo comporta dei problemi soprattutto a livello di budget per l’organizzazione. L’Italian Tekken League è stato un evento autofinanziato tramite contributi dei players, tramite i premi offerti da Nintendo e Zowie che ha offerto i monitor sui quali effettuare i tornei. Essendo un mondo di nicchia il problema budget è molto sentito, l’organizzatore deve sostenere a sue spese tutto. Non essendoci un settore professionistico sviluppato diventa difficoltoso riproporre anche lo stesso evento alla stessa portata. Per esempio la seconda stagione dell’Italian Tekken League è in fase di discussione, a questi budget riproporla è una sfida ardua. Nella finale sono stati dati 3.500 euro in montepremi con iscrizione gratuita”, ha aggiunto. “I media hanno un buon riscontro – continua -. Il vero problema è che in Italia non esiste una legislazione ben definita, il settore è regolamentato tramite Associazioni Sportive Dilettantistiche. E’ un terreno incerto. In merito martedì incontrerò il CONI con la Fita, Federazione Italiana Taekwondo, per imbastire un discorso di organizzazione di eventi sui picchiaduro. La Fita si è interessata a questo mondo e intende capire il sistema. Già parlarne potrebbe essere una svolta, potrebbe cambiare gli scenari. Una Federazione professionistica che si affaccia a una realtà del genere è una bella apertura”. “Uno sviluppo per espandere la notorietà degli eSports potrebbe essere l’istituzione di un canale tv dedicato che potesse comunicare il fatto che questi contenuti sono di intrattenimento, competitività e sportivi, potrebbe far sviluppare ulteriormente il settore. Ma sin ora tutti i tentativi di canali tv di eSports sono naufragati. Tuttavia ora il mercato potrebbe essere pronto. A livello organizzativo e competitivo non trovo differenze tra il livello di competenza italiano e quello degli altri Paesi. In Italia si è i migliori in Europa in questo campo. In Francia, però, il sistema è più sviluppato, sono avanti di dieci anni. Per loro gli eSports sono un contenuto di intrattenimento televisivo con ottimo seguito, ma hanno anche sponsor che ci credono di più. Il Comitato Olimpico – ha concluso – ha dato un’apertura. Sta valutando il possibile inserimento degli eSports tra le discipline olimpiche. Ma non è una certezza. E’ un discorso, secondo me, ancora molto lungo. Avere una conferma definitiva da parte del Comitato Olimpico sarebbe la vera svolta. Cambierebbe il mondo degli eSports, che diverrebbe così un circuito che si autoalimenta”. cdn/AGIMEG