D’Onofrio (giurista di diritto sportivo): “Sport e benessere una svolta epocale, società non nasce per gestire il Totocalcio ma per sostituire la Coni Servizi”

Il sottosegretario con delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti, ha parlato di un rilancio con regole diverse per il Totocalcio. Ma la notizia vera è che a gestire questo nuovo gioco sarà una nuova società che si chiamerà Sport e benessere. Una società della quale si sa poco ma che avrà un ruolo ben più significativo che quello di gestire un gioco a pronostico. A parlarne ad Agimeg è Paco D’Onofrio, giurista esperto di diritto sportivo, noto alle cronache soprattutto per essere stato tra i protagonisti di Calciopoli, come legale di Luciano Moggi, intervenuto a Messina al convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati dal titolo “Diritto e Giustizia nello Sport”.

Domanda. Con la notizia sulla scomparsa della schedina, il Governo ha fatto conoscere al largo pubblico un’altra notizia ben più importante: la nascita di una nuova società pubblica, Sport e benessere, alla quale dovrebbe arrivare una dotazione di denaro. Cosa cambia nel panorama sportivo italiano?
Risposta. Non conosciamo i dettagli, perché per una norma del genere sono importantissimi i decreti attuativi, che arriveranno più avanti. Comunque, direi che è una svolta epocale. Perché questa società non nasce per gestire il Totocalcio, ma per sostituire la Coni Servizi. Che a sua volta era nata per essere il braccio operativo del Coni, quindi anche il braccio economico. Il Coni esercita sulle federazioni il suo ruolo istituzionale e di controllo, che non vuol dire dare soldi e gestire i finanziamenti. La Coni servizi, invece, era la cassaforte del Coni che adesso andrà in estinzione. Il suo ruolo sarà svolto da questa nuova società che, però, sarà molto diversa. Perché tutti i componenti del consiglio d’amministrazione saranno decisi dal Governo, tranne uno designato dal Coni. E naturalmente un solo consigliere su sette non avrà un ruolo determinante.
D. Nella Coni servizi, invece, il Governo decideva poco?
R. Non decideva nulla, era di esclusiva competenza del Coni.
D. E anche nel Coni non c’erano influenze governative?
R. Per nulla. Il Coni funziona con un meccanismo effettivamente democratico: il consiglio è composto dai presidenti delle varie federazioni che, poi, eleggono il presidente.
D. Ma, tolta la Coni servizi, cosa resterà da fare al Coni?
R. Mantiene il suo ruolo istituzionale, quindi di indirizzo alle federazioni. E continua a svolgere alcuni servizi molto importanti come i controlli antidoping, che effettua per tutte le discipline sportive con un proprio laboratorio. Un’attività molto costosa. Poi ha un centro molto grande dove possono allenarsi gli atleti di federazioni che non sono abbastanza ricche da permettersi un proprio centro federale. Se pensiamo al calcio, certo non hanno bisogno di aiuto perché è uno sport molto seguito e anche molto ricco. Ma la scherma o la danza classica, che pure esprimono atleti di gran valore, non si possono permettere un centro per allenare la propria nazionale. E allora il Coni mette a disposizione la propria struttura dell’Acqua Acetosa, a Roma.
D. Quindi, comunque, dovrà continuare a sostenere dei costi.
R. Sì, ma avrà a disposizione solo 40 milioni. Una cifra appena sufficiente al funzionamento di tutta l’organizzazione. Non dovrà più finanziare nulla perché questo ruolo, che svolgeva attraverso la Coni servizi, passerà alla nuova società.
D. Ma da dove arrivavano al Coni i fondi che poi distribuiva? Solo i contributi alle federazioni sportive sono stati nel 2018 circa 150 milioni.
R. I soldi sono sempre arrivati dallo Stato, e non sono pochi. D’altra parte erano soldi ben spesi, a mio parere, perché il Coni ha svolto una funzione di riequilibrio tra le varie discipline sportive. Se è vero che il calcio è sempre stato uno sport molto ricco, perché molto seguito, dobbiamo considerare le discipline che hanno minore seguito ma proprio per questo vanno sostenute, specie se si vede un buon potenziale tra i suoi atleti. E il Coni rivendicava una certa sensibilità sportiva necessaria a valutare questi aspetti prettamente sportivi e non solo di tipo ragioneristico.
D. Quindi, senza soldi cosa potrà fare il Coni?
R. Magari potremmo vederlo tornare a romantiche origini più sportive e meno imprenditoriali, meno legate alla gestione economica. Ma è sicuro che il suo peso sulle federazioni, il suo ruolo, viene ridimensionato in maniera pesantissima.
D. Quando è nata l’idea di questa società? Da quanto se ne parla?
R. Probabilmente, in questo Governo c’era già l’idea di rivedere determinati assetti all’interno dello sport, anche se non era nel contratto di Governo, ma all’inizio dell’estate è maturata la rotta di collisione tra il Governo e il Coni, sulla vicenda delle squadre di Lega Pro non ammesse al campionato di Serie B.
D. Per sintetizzare quella vicenda, la Federazione Gioco Calcio ha adottato un provvedimento con il quale stabiliva che tre squadre della Lega Pro dovevano passare alla Serie B. E ne indicava cinque che avevano i requisiti.
R. Esatto. E questo vuol dire che queste società sportive iniziarono a fare degli investimenti in vista di questa opportunità. Ma quando la lega di Serie B si oppose ad aumentare il numero delle proprie squadre, la Figc, sebbene commissariata, ritirò il provvedimento. A quel punto, le squadre che avevano maturato il diritto sportivo a passare alla Serie B si rivolsero alla Giustizia sportiva, che però non potè fare altro che applicare le norme vigenti. Quindi, le società andarono al Collegio di garanzia del Coni, che rappresenta il terzo grado di giustizia sportiva, che però si dichiarò incompetente a decidere. Non potendo risolvere la questione all’interno delle istituzioni sportive, le società di Lega Pro si rivolsero ai giudici amministrativi. E anche loro declinarono. Comprensibilmente, visto che il Tribunale amministrativo si occupa di questioni ben diverse. E nel frattempo è partito il campionato. Ecco che il Governo, che ha visto nel Coni un soggetto o debole o complice in questa vicenda, decide di fare un decreto legge che impone al Coni di creare una commissione alla quale delegare la risoluzione di questioni come questa. Naturalmente, si parla del futuro, perché questa faccenda ormai ha preso un’altra strada.
D. E il Coni ottempera a questa richiesta rapidamente?
R. Sì, crea questo organismo esattamente come lo ha richiesto il Governo, dando anche un termine massimo di 30 o 60 giorni per prendere una decisione in ogni questione che le si presenterà. Ma a quel punto la frittata era già fatta. Ed eseguire le direttive governative in modo tempestiva non è bastato per ricomporre il dissidio.
D. Tornando ai soldi del Coni, ci sono anche quelli che riceve ogni anno dai Monopoli per la cessione dei diritti sulle scommesse sportive. E parliamo di qualche centinaio di milioni all’anno. A chi andranno questi soldi adesso?
R. Anche questo è un aspetto che potremo conoscere solo con i decreti attuativi. Certo, però, dopo aver deciso un’operazione del genere, mi sembra difficile che lascino quei soldi al Coni, una volta che hanno deciso di chiudere la Coni servizi. gpm/AGIMEG