Ciocci (sociologa e criminologa): “Il proibizionismo non combatte l’approccio compulsivo al gioco, ma favorisce il settore illegale. Occorre invece investire sulla formazione degli operatori”

“Usiamo spesso il termine “ludopatia” che non è corretto perché la reale dipendenza non deriva dal gioco – ludus, ma dai soli giochi che implicano l’azzardo. Questo finisce per screditare tutta una categoria di giochi e di operatori del settore che operano in modo legale ed intraprendono persino percorsi formativi. Il problema è l’azzardo nella degenerazione compulsiva che può scatenare. Nelle cosiddette nuove dipendenze non interviene alcuna sostanza chimica e riguardano il gioco d’azzardo come lo shopping compulsivo, l’internet addiction, fino alla dipendenza sessuale oppure affettiva”.
Lo ha dichiarato in un’intervista a QuiNews Firenze Wilma Ciocci, criminologa e sociologa che collabora con il professore Cesare Guerreschi fondatore nel 1999 della Società Italiana, Intervento patologie compulsive.
“Il proibizionismo – ha aggiunto – non serve perché aumenta le possibilità di finire sulla strada del gioco illegale. Esistono molti strumenti oggi per accedere a piattaforme di gioco, persino dal cellulare. Occorre investire sulla formazione di operatori che forniscano assistenza in modo competente e per fare questo il primo passo è allontanarsi dalla ludopatia ed entrare nell’ordine di idee che si tratta di una patologia che ha segnali e riferimenti specifici, e come tale deve essere trattata”. lp/AGIMEG