Cassazione, le ricevute di riscossione di una vincita non sono nominative e non possono dimostrare chi sia il vero vincitore

Non si può dimostrare la provenienza di alcune risorse economiche esibendo dei semplici “attestati di riscossione di somme vinte al gioco in un concorso a pronostico”. Gli attestati di riscossione, “in quanto rilasciati sulla base di presentazione di ricevute non nominative, certificano la sola percezione della somma, ma non il giocatore vincente che potrebbe averle cedute, anche dietro corresponsione di danaro, a chiunque avesse necessità di far apparire la liceità di una provvista”. Lo scrive la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione confermando il sequestro preventivo disposto nei confronti di un uomo accusato di spaccio di sostanze stupefacenti. L’uomo, appunto, aveva provato a sostenere che parte dei soldi di cui era in possesso provenissero da vincite al gioco, e aveva portato come prova le ricevute di riscossione dei premi. lp/AGIMEG