Brizzi (sindaco Bussolengo) ad Agimeg: “Non credo al distanziometro. Il giocatore patologico non si scoraggia con la distanza. Per la tutela dei giocatori, importante la distinzione tra gioco legale e illegale”

dal nostro inviato – “Come sindaco ho incontrato una rappresentanza di albergatori che lamentavano la concorrenza sleale di chi affitta le camere e le case su Internet senza pagare tasse e senza controlli. Ecco, non è diverso da quello che succede nel gioco: chi opera legalmente paga le tasse ed è sottoposto a controlli che tutelano il consumatore. Senza la possibilità di operare legalmente, prolifera l’illegalità e aumentano i rischi per chi gioca”. Con questa metafora, il sindaco di Bussolengo, Roberto Brizzi, che ha ospitato ieri il convegno “Gioco patologico e gioco irregolare”, ha spiegato la sua posizione antiproibizionista.
Ecco l’intervista rilasciata ad Agimeg.

D. Nel suo intervento ha riportato il caso recente di un’agenzia di scommesse che è stata chiusa, proprio a Bussolengo, per qualche irregolarità.
R. Quell’agenzia è stata chiusa perché raccoglieva puntate in contanti oltre il limite consentito dalle leggi antiriciclaggio. Se non si fossero legalizzate le scommesse, questo signore probabilmente avrebbe svolto la sua attività in modo clandestino, per conto della criminalità organizzata, e nessuno si sarebbe accorto di quello che faceva fino a quando qualche poveraccio non aveva prosciugato il suo conto in banca. Ecco perché sono convinto che i divieti non servono a nulla, come insegna la storia. Se l’uomo cerca il gioco, così come altre cose che vengono considerati a rischio, non rinuncerà perché quella cosa è illegale. Per questo motivo condivido la decisione dello Stato italiano di legalizzare il gioco alcuni anni fa in modo da poterlo gestire e tutelare meglio gli stessi giocatori e controllando i flussi finanziari.

D. Qui a Bussolengo avete adottato delle regole miste: limitazioni orarie, con chiusura pomeridiana delle slot machine, per bar e tabaccherie, mentre per le sale giochi non ci sono fermi orari considerando i maggiori controlli all’ingresso. Cosa pensa della libertà dei Comuni di stabilire ciascuno le proprie regole nel proprio territorio?
R. Personalmente non credo al distanziometro. Può anche andar bene evitare di mettere una sala giochi accanto a una scuola, ma dobbiamo sapere che un giocatore, soprattutto il giocatore patologico, non si lascia scoraggiare dalla distanza. Potrà fare centinaia di chilometri per andare a scommettere o per trovare una slot machine. Piuttosto, credo nei controlli più assidui. E mi piacerebbe che al Governo pensassero a coinvolgere di più i Comuni anche facendo rimanere sul territorio una parte dei ricavi che derivano dal gioco. Se una parte delle tasse rimanesse al Comune nel quale i giocatori hanno tentato la fortuna, lo stesso Comune sarebbe più incentivato a investire sui controlli.

D. L’opinione pubblica ha un atteggiamento pregiudiziale nei confronti del gioco qui nell’area del veronese?
R. Non mi sembra proprio. Credo che vengano visti i problemi, che certamente non mancano tra i giocatori, ma non mi sembra che ci sia una percezione alterata della realtà. D’altra parte dobbiamo pensare che Verona è la città del Vinitaly. E che il vino rappresenta un’eccellenza del made in Italy della quale a Verona andiamo fieri. Non si potrebbe certo pensare di vietare l’alcool perché qualcuno si ubriaca o, peggio, c’è chi si mette alla guida dopo avere bevuto! Piuttosto, bisogna educare al bere sano. Bisogna che tutti impariamo a bere con gusto e moderatamente. Come hanno sempre detto i nostri nonni, le cose fanno male solo se si eccede. Bisogna semplicemente divertirsi con consapevolezza, che si tratti di alcool o di gioco o di qualunque altra cosa. gpm/AGIMEG