Anci Toscana: “Sale gioco e slot, il sindaco può limitare gli orari di apertura”

Sono legittime le ordinanze del sindaco che riducono le ore di apertura delle sale gioco e di funzionamento delle slot machines perché finalizzate a contrastare e prevenire il fenomeno del gioco d’azzardo patologico. Lo afferma il Tar Veneto due sentenze depositate il 7 febbraio scorso. Una buona notizia – si legge in una nota dell’Anci Toscana – per tutti gli amministratori che cercano di arginare un fenomeno che spesso assume caratteri di vera e propria patologia per i clienti. Anci Toscana è impegnata in prima linea in questa battaglia con il lavoro del tavolo dedicato alle ludopatie, coordinato dal sindaco di Pergine Valdarno Simona Neri, che recentemente ha presentato alla Regione Toscana un progetto per la formazione dei dipendenti comunali, con corsi ad hoc sulla conoscenza del fenomeno e delle norme per la prevenzione e il contrasto del gioco d’azzardo patologico. In entrambi i casi presi in esame dal Tar, le società titolari di autorizzazione per sale giochi hanno impugnato le ordinanze sindacali con cui sono stati limitati gli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro e quelli di esercizio delle sale, con rafforzamento dell’impianto sanzionatorio. Decisioni adottate dai primi cittadini al fine di tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini, essendo le ordinanze adottate ex art 50, comma 7, del Tuel, che regola il potere del sindaco di coordinare e riorganizzare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici. Articolata la ricostruzione proposta dal Tar a supporto della non fondatezza dei ricorsi, che si inoltra in ragionamenti di carattere sociologico. Affermano i giudici che nell’attuale momento storico la diffusione del fenomeno della ludopatia costituisce un fatto notorio, rilevabile anche – nei casi specifici – dai dati forniti dalle Ulss e dalla presenza di un “sommerso” difficilmente quantificabile. Queste sole riflessioni sono sufficienti per smontare il difetto di motivazione sollevato dalle imprese ricorrenti, posto che le ordinanze sono per questo finalizzate a tutelare la salute pubblica e il benessere individuale e collettivo. L’altro fronte di attacco paventato è alla libertà d’impresa e alle norme di liberalizzazione delle attività economiche. Ma anche da questo versante il Tar evidenzia che la libertà di iniziativa economica non è assoluta, non potendo svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Tanto che la normativa consente alle autorità pubbliche di porre limiti e restrizioni all’attività economica per evitare danni alla salute, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale, così come riconosciuto dalla giurisprudenza anche comunitaria. Alla luce di queste coordinate, il Tar reputa proporzionata la disciplina limitativa degli orari di apertura dei pubblici esercizi in cui si svolgono attività di gioco o scommessa, in quanto realizza «un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo». I giudici non rilevano nemmeno la violazione del principio di affidamento, considerato che le ordinanze trovano giustificazione nel forte aumento del numero delle persone affette da disturbi del gioco d’azzardo e che gli imprenditori del settore erano a conoscenza o avrebbero dovuto conoscere che la normativa europea e nazionale di riferimento consente alle autorità pubbliche di porre quel tipo di restrizioni. Nemmeno avallano la disparità di trattamento rispetto a discipline più favorevoli adottate da comuni limitrofi, atteso che i provvedimenti municipali esplicano la loro efficacia solo nei rispettivi territori e che non sussiste alcun obbligo di disciplina omogenea. lp/AGIMEG