Slot: Tassa 500 milioni, al Tar Lazio ancora nuovi ricorsi. L’AGCAI impugna le lettere con cui i concessionari provano a riscuotere i 160 milioni mai versati

La tassa dei 500 milioni degli apparecchi torna ancora di fronte al Tar Lazio, nell’udienza in camera di consiglio che si discuterà mercoledì prossimo, il 9 novembre. Al centro di una serie di ricorsi intentati dall’associazione AGCAI e dai suoi affiliati, ci sono le richieste di pagamento che le 13 concessionarie hanno inviato a gestori e esercenti tra il giugno e il luglio scorso. La tassa infatti è stata pagata solo in parte, all’appello mancano complessivamente circa 160 milioni di euro, ma la vita di questo prelievo è stata piuttosto travagliata. Venne infatti introdotto con la Stabilità del 2015, a pagarlo dovevano essere sia gli operatori delle vlt, sia quelli delle AWP, ma le contestazioni partirono soprattutto da questi ultimi. Dopo una lunga battaglia giudiziaria, il Tar Lazio – esattamente un anno fa – ha rinviato la questione alla Corte Costituzionale, sollevando una serie di dubbi.
Il Tar censurava la scelta di ripartire la tassa sulla base del numero di apparecchi controllati, e non sul volume effettivo dei ricavi. Se “i volumi delle giocate raccolte dovessero drasticamente contrarsi” osserva, “la determinazione del versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del volume delle giocate, potrebbe determinare un reale stravolgimento delle condizioni economiche pattuite in convenzione con conseguente eccessiva gravosità degli obblighi imposti per i concessionari ed i relativi operatori di filiera”.
Inoltre – sposando il punto di vista dei concessionari – sottolineava che la tassa violava il principio di libertà di impresa. La Stabilità 2015 prevedeva infatti che a pagare materialmente la tassa fossero i concessionari, che avrebbero poi dovuto ripartire il peso del balzello con gli altri soggetti della filiera, rinegoziando gli accordi economici. Un meccanismo che di fatto rivoluzionava l’intero funzionamento della filiera delle AWP. A controllare i cosiddetti flussi di cassa – ovvero a svuotare le macchinette, e a pagare il dovuto a concessionari e esercenti – sono sempre stati i gestori. I concessionari di conseguenza venivano esposti al rischio “non prevedibile ab origine, del mancato adempimento dell’obbligo degli operatori di filiera”. E le pronunce di alcuni Tribunali civili hanno dimostrato che i concessionari non disponevano di alcuno strumento per obbligare a pagare i soggetti della filiera non lo hanno fatto spontaneamente. Dopo il rinvio alla Consulta, anche il Governo ha rimesso mano alla tassa con la Stabilità del 2016. Il prelievo è stato abrogato per gli anni a venire, ma doveva essere pagato per il 2015. Tra vlt, e soggetti della filiera delle AWP che si sono voluti adeguare, sono stati versati circa 340 milioni, lo stesso Esecutivo sta in questi giorni studiando degli strumenti per riscuotere i restanti 160. I ricorsi del 9 novembre sono intentati da un’associazione di gestori, per impugnare le note con cui i concessionari cercano di recuperare parte di quei 160 milioni. In sostanza questi soggetti ripropongono gli stessi dubbi sulla costituzionalità della tassa. e oltre al rinvio alla Consulta ne chiedono anche uno alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Si soffermano in particolare sullo squilibrio economico che ha determinato la tassa che da un lato colpisce i soli apparecchi e non tutti i giochi – determinato quello che le ricorrenti definiscono come un aiuto di Stato “negativo” che va a favore degli altri prodotti – e dall’altro si applica in maniera piatta agli apparecchi, senza considerare la redditività della singola macchina. “Il concessionario che gestisce ad esempio apparecchi con scarso rendimento, si ritrova a versare allo Stato le stesse identiche somme che dovrà versare un concessionario che gestisca un apparecchio allocato in ricche zone del nord (Milano, Brescia, Varese, etc.) dove il rendimento giornaliero è di 1000-1500 euro”. E quindi, concludono le ricorrenti, i vizi originari della norma si traducono in un’invalidità derivata delle lettere inviate dai concessionari all’inizio estate, “viziandole insanabilmente”. gr/AGIMEG