Libero, Il Messaggero, Gazzetta Dello Sport, Corriere della Sera: Di Maio con lo stop alla pubblicità dei giochi ammazza il calcio

“Le buone intenzioni del vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio che lo guidano nella lotta alla ludopatia sembrano avere un nemico coriaceo: la realtà dei fatti”. Libero non usa mezzi termini nell’articolo in cui commenta la norma del decreto Dignità che punta a vietare la pubblicità di giochi e scommesse: questa misura farebbe “perdere allo Stato 700 milioni di mancato gettito in tre anni, oltre a cancellare il budget di 200 milioni all’anno che le società di giochi e scommesse investono in sponsorizzazioni e prevalentemente, 120 milioni, nel calcio”. E Libero ricorda quindi che “Bwin è sponsor dell’Inter, Betfair è legata alla Juve, Snai alla Roma e al Milan, Planetwin365 va a braccetto col Napoli, Eurobet con il Cagliari, Lazio, Sampdoria, Genoa e Udinese. E il gioco del pallone si impoverirebbe anche attraverso il minor valore dei diritti tv, è stato calcolato, per 70 milioni”.

Il Messaggero parla invece di “uno sgambetto in grado di mettere in ginocchio l’intero sistema calcio”. E quindi riporta il commento presidente del Genoa Enrico Preziosi: “Una misura inaccettabile. “Dove si mira? A tagliare le risorse al sistema”. Claudio Fenucci, amministratore delegato del Bologna, definisce il divieto “una follia. II calcio immediatamente 100 milioni di euro di risorse”. Ma si tratterebbe comunque del danno minore: il mancato incasso di quei soldi “metterebbe a rischio tutta la filiera”. Per il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, si tratta di un “provvedimento che sa di populismo, che trasformerebbe l’Italia in una enclave con il rischio del ritorno al toto nero”. E quindi il Messaggero citai dati Agimeg, secondo cui nella Premier League inglese, “la Lega calcio più ricca e seguita al mondo, il 45% dei club ha una società di gaming on line come sponsor sulla maglia, tutte hanno i cartelloni al led degli stadi con gli spot delle società di gioco, e tutte hanno accordi con le compagnie di scommesse”. Inoltre, “La seconda fonte di fatturato per le Tv che trasmettono partite di calcio in Inghilterra, viene dalla pubblicità durante gli eventi, mentre la prima voce di fatturato per le squadre di premier proviene dai diritti Tv. Eliminare le sponsorizzazioni, equivarrebbe a far saltare il sistema”. E Il Messaggero aggiunge “Un filo logico che potrebbe essere seguito anche per il calcio italiano, che già registra un gap notevole rispetto ai più ricchi campionati europei. In Francia, per esempio, non solo ci sono le sponsorizzazioni, ma lo Stato redistribuisce parte del gettito delle scommesse alle squadre, che hanno più soldi da investire anche nel calciomercato. Insomma, eliminare le sponsorizzazioni, come vorrebbe fare il decreto “dignità”, trasformerebbe il campionato di calcio italiano in un campionato minore. Un problema connesso anche ai diritti Tv che tengono in piedi il calcio e il cui valore si ridurrebbe”. Ma per Il Messaggero questa norma provoca anche tutta un’altra serie di problemi: “c’è anche da capire la compatibilità delle norme con i dettati comunitari. Cosa accadrà, per esempio, quando una squadra inglese con sulla maglietta lo sponsor di una società di betting dovrà gareggiare con una squadra italiana? La partita potrà essere trasmessa?”. E ancora, dubbi sulla sanzione prevista per chi viola il divieto, il “5% del valore della sponsorizzazione, con un minimo di 50 mila euro. Più che un divieto, in realtà, in questo modo sembrerebbe quasi una tassa sulle pubblicità dei giochi. Basterebbe pagare il 5% allo Stato per continuare a fruire della sponsorizzazione delle società di scommesse?”. E poi il problema del mercato parallelo: “Le società di scommesse che hanno una concessione da parte dei Monopoli di Stato (il cosiddetto «gioco legale»), non potranno fare nemmeno pubblicità on line, mentre i vari Google, Facebook, etc, potranno liberamente raccogliere le inserzioni dei bookmaker esteri non autorizzati in Italia, con il rischio di spostare raccolta all’estero”.

Milano Finanza ha invece interpellato l’associazione LOGiCO, che riunisce gli operatori italiani dell’online. “A loro parere, il divieto in discussione potrebbe produrre effetti opposti a quello auspicato. Per le piattaforme online concessionarie, infatti, la pubblicità rappresenta un importante elemento di distinzione rispetto a quei siti che operano in assenza di autorizzazione statale e che quindi non sono sottoposti alla vigilanza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”. In sostanza il divieto di pubblicità finirebbe con il favorire “un ritorno al mercato grigio”.

Per la Gazzetta Dello Sport, il mondo del calcio è in rivolta. Enrico Preziosi, il presidente del Genoa, commenta infatti “Lo scopo è di ridurre la dipendenza? Ma così si alimenterebbero le puntate all’estero, per non parlare dei circuiti illegali. È un provvedimento senza senso e populista, che penalizzerebbe un sistema come quello calcistico che già fatica a stare in piedi. Sarebbe una mazzata e non risolverebbe nemmeno il problema che si vuole affrontare”. E quindi cita il divieto della pubblicità per le sigarette. “Voi pensate che la gente abbia smesso di fumare dopo che sui pacchetti sono comparsi quegli slogan sui rischi del fumo? Non è cambiato nulla. Di solito i divieti non fanno che alimentare ancora di più certe pratiche. Sono proprio arrabbiato”. La Gazzetta dello Sport cita quindi il Report Calcio della Figc: “in Serie A su un totale di 681 accordi di sponsorizzazione il 2% riguarda il betting. All’estero l’incidenza maggiore si registra in Inghilterra (8%) e Turchia (9%) e nelle dieci top league si contano 23 sponsor di maglia del settore. Al momento in Serie A nessuna squadra ha una società di scommesse come jersey sponsor ma la metà dei club vanta accordi commerciali che vanno dalla cartellonistica allo stadio alle campagne di marketing con i calciatori. Per un club medio si tratta di contratti che oscillano tra 500mi1a e un milione di euro, ovviamente di più per le big. La Lega sta studiando l’impatto che lo stop alle pubblicità provocherebbe sui bilanci delle società di A”.

Anche il Corriere della Sera fa i conti con i riflessi economici del divieto: “secondo alcune valutazioni, farebbe scendere le entrate pubblicitarie delle tv di 70 milioni nel 2019. Danni anche per le società di calcio, che li stimano in circa 200 milioni l’anno. Danni diretti, per il venir meno delle sponsorizzazioni di cui godono diverse squadre e della pubblicità” Ma i club potrebbero anche essere chiamate a mettere dei soldi di tasca propria: “II tutto, infine, lamentano le società di calcio, dopo che i diritti sono stati assegnati di recente, col rischio che le emittenti si rifacciano dei mancati introiti sulle stesse società”. Senza contare che “Col divieto di pubblicità calerebbero anche le entrate Iva (circa 200 milioni l’anno), con la necessità di trovare una copertura”.

“Più letale di qualunque piaga biblica, tenebre e cavallette incluse. Quando manca la grazia del pensiero, non resta che l’uso della mannaia. Che in questo caso prova a imbellettarsi con un effetto travesti tra il sinistro e il grottesco, dotandosi del vezzoso nome di “decreto dignità”. Durissimo l’attacco del Corriere dello Sport. “ll divieto assoluto della pubblicità sull’azzardo, prima ancora che uno spiegabilissimo orrore concettuale ai confini della demenza, sarebbe una catastrofe per l’intera economia nazionale. Miliardi di euro di mancato gettito, tra fonti dirette e derivate. Denaro sottratto alle già pericolanti casse di comparti strategici pubblici e privati, quali le entrate fiscali, i media, lo sport. A cominciare dal sistema calcio (tra le prime dieci industrie del Paese, con un giro d’affari di 13,7 miliardi), in cui l’allarme rosso è scattato già da anni, molto prima che i cecchini pentastellati si presentassero alle porte in assetto da plotone d’esecuzione”. Il Corriere dello Sport ricorda poi : “Capitolo fondamentale quello dei diritti tv, come dire il vincolo di sopravvivenza per il calcio italiano. Anche qui, soprattutto qui, l’effetto sarebbe letale in termini di budget decapitati. Azzerata la raccolta pubblicitaria televisiva legata alle scommesse (un affare da 70 milioni l’anno, di cui 35 solo a Mediaset), di quanto sarebbe svalutato e dunque impoverito il prodotto calcio? Vogliamo parlare di quanti posti di lavoro a rischio e del probabile massiccio ritorno del mai estinto del tutto fenomeno delle scommesse clandestine?”. lp/AGIMEG