Il tasso del gioco problematico in Italia, Norvegia e Gran Bretagna misurato con il metodo CPGI

“La Norwegian Gambling Authority ha appena pubblicato una ampia indagine epidemiologica condotta nell’autunno del 2013 che misura il tasso di prevalenza del gioco problematico in Norvegia. Il campione è costituito da 10.046 persone, un numero molto alto rispetto alla popolazione norvegese. Il metodo usato è il Canadian Problem Gambling Index – CPGI, che è ormai divenuto lo standard internazionale. La ricerca è disponibile in Internet. È in norvegese, ma con un abstract in inglese.

In Italia – dichiara Giovanni Carboni, della Carboni & Partners – l’ultima indagine epidemiologica istituzionale di cui disponiamo è l’IPSAD (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs) condotta dal CNR nel 2010-2011 su una popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni utilizzando il metodo CPGI. La ricerca misura i tassi di prevalenza di tutte le dipendenze. Al momento è stato pubblicato solo un breve comunicato sul sito del CNR nel febbraio scorso. Solo poche righe sono dedicate al gioco.

I tassi di prevalenza misurati dalla ricerca norvegese sono i seguenti:

  • il 59,1% del campione di età tra 16 e 74 anni ha partecipato ad attività di gambling nell’ultimo anno,
  • il 7,8% del campione è a basso rischio,
  • il 2,4% è a rischio moderato,
  • lo 0,6% è a rischio problematico,
  • il 26,7% dei giocatori, quindi il 15,8% del campione ha giocato online nell’ultimo anno.

Passiamo ai dati della ricerca italiana:

  • il 47% del campione di età compresa tra 16 e 64 anni ha partecipato ad attività di gambling nell’ultimo anno,
  • l’11% dei giocatori, cioè il 4,9% del campione è a basso rischio,
  • il 4,9% dei giocatori, cioè il 2,0% del campione è a rischio moderato,
  • lo 0,6% del campione è a rischio problematico,
  • la ricerca non fornisce il dato dei giocatori online italiani, ma sappiamo che hanno giocato online nell’ultimo anno circa 2 milioni di persone, equivalente a circa il 5% della popolazione adulta.

Riprendiamo anche i risultati della British Gambling Prevalence Survey del 2010, misurati mediante il metodo CPGI su un campione di 7.747 persone di età pari a 16 anni o più. La ricerca è ovviamente disponibile in Internet:

  • il 73% del campione di età pari a 16 anni ha partecipato ad attività di gambling nell’ultimo anno (il 56% escludendo coloro che hanno giocato solo i giochi della National Lottery),
  • l’5,5% del campione è a basso rischio,
  • il 1,8% è a rischio moderato,
  • lo 0,7% è a rischio problematico,
  • il 14% del campione ha giocato online nell’ultimo anno.

Quindi la prevalenza del gioco a rischio e problematico in Italia è simile, ma con un profilo complessivamente inferiore, a quella registrata in sia in Norvegia sia in Gran Bretagna. I giocatori online sono un terzo sia di quelli norvegesi sia di quelli inglesi.

Nella presentazione dei risultati della ricerca norvegese è neutrale e non sono espresse valutazioni riguardo alla criticità dell’impatto sociale del gambling in Norvegia. È evidenziato che il tasso di gioco problematico misurato dalla ricerca è inferiore a quello registrato da studi condotti nei precedenti sei anni. Non risulta che la Norvegia consideri il gambling un problema fuori controllo e causa di allarme sociale. È interessante osservare che la stessa ricerca indaga anche i problemi di dipendenza da gioco senza vincita in denaro.

La ricerca inglese è altrettanto misurata nei toni di quella norvegese. La Gran Bretagna considera con attenzione i problemi del gioco eccessivo, ma senza gridare all’allarme sociale.

Il CNR invece aveva presentato i risultati in questo modo: “A creare una vera e propria emergenza socio-sanitaria, infine, il gioco d’azzardo. …”. In linea con il panico morale alimentato finora da molte associazioni del terzo settore e da gran parte dei media e dalla politica”. lp/AGIMEG