Il Messaggero: “Decreto Dignità, in rivolta i club di Serie A. Per le squadre perdita di 100 milioni di euro. Per ora il Decreto è fermo per problemi di copertura”

II mondo del pallone è in fermento. Le norme contenute nel Decreto Dignità che vieterebbero la pubblicità e le sponsorizzazioni del gioco, potrebbero mettere in ginocchio l’intero sistema calcio. «Una misura inaccettabile», dice il presidente del Genoa Enrico Preziosi. «Dove si mira? A tagliare le risorse al sistema», ragiona l’imprenditore di Giochi Preziosi. Per Claudio Fenucci, amministratore delegato del Bologna – si legge oggi su Il Messaggero – il divieto di sponsorizzazioni che dovrebbe entrare nel decreto “dignità” del governo, è «una follia. II calcio», spiega, «perderebbe immediatamente 100 milioni di euro di risorse». E si tratterebbe del danno minore, perché il mancato incasso di quei soldi «metterebbe a rischio tutta la filiera». Il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, parla di un «provvedimento che sa di populismo, che trasformerebbe l’Italia in una enclave con il rischio del ritorno al toto nero». Ma la preoccupazione è soprattutto sulla tenuta del sistema. Eliminare le sponsorizzazioni, come vorrebbe fare il decreto “dignità”, trasformerebbe il campionato di calcio italiano in un campionato minore. Per ora il decreto è fermo al Ministero dell’Economia perché la Ragioneria generale dello Stato ha sollevato problemi di copertura. Secondo le simulazioni dei tecnici di via XX settembre, comporterebbe una riduzione di gettito di oltre 200 milioni l’anno. In realtà c’è anche da capire la compatibilità delle norme con i dettati comunitari. Cosa accadrà, per esempio, – continua il quotidiano – quando una squadra inglese con sulla maglietta lo sponsor di una società di betting dovrà gareggiare con una squadra italiana? La partita potrà essere trasmessa? La bozza di decreto messa a punto da Di Maio, prevede una sanzione del 5% del valore della sponsorizzazione, con un minimo di 50 mila euro. Più che un divieto, in realtà, in questo modo sembrerebbe quasi una tassa sulle pubblicità dei giochi. Basterebbe pagare il 5% allo Stato per continuare a fruire della sponsorizzazione delle società di scommesse? C’è ancora un altro aspetto da considerare. Le società di scommesse che hanno una concessione da parte dei Monopoli di Stato (il cosiddetto «gioco legale»), non potranno fare nemmeno pubblicità on line, mentre i vari Google, Facebook, etc, potranno liberamente raccogliere le inserzioni dei bookmaker esteri non autorizzati in Italia, con il rischio di spostare raccolta all’estero. I Cinque Stelle per adesso tirano dritto. «Lo stop alla pubblicità e sponsorizzazioni sul gioco d’azzardo», ha detto Davide Zanichelli, parlamentare grillino della Commissione finanze, «è il primo passo per far rientrare questo settore nella normalità dopo la liberalizzazione selvaggia degli ultimi 15 anni. Una liberalizzazione», ha spiegato, «che nel 2017 ha portato gli italiani a gettare nel vortice del tentar la sorte 102 miliardi di euro l’anno con solo 9 miliardi di entrate per lo Stato. Un sistema che erode sempre più il reddito delle famiglie, con danni pesanti anche per l’economia sana e produttiva». Anche se andrebbe osservato che anche vietando del tutto il gioco non è detto che scompaiano anche i giocatori. lp/AGIMEG