Giochi, Fenicia (Tar Veneto) ad Agimeg: “Le norme antislot adottate da Comuni e Regioni sono una stortura”

“In linea di principio i poteri degli enti locali in materia di gioco dovrebbero essere limitati, alla luce dei principi di liberalizzazione e concorrenza. I Comuni hanno dispongono di poteri forti per regolamentare la localizzazione di qualunque attività commerciale, ma se adottano delle restrizioni devono dare una giustificazione – come ad esempio la tutela di una piazza storica, etc. – ma le restrizioni a questo punto vanno vagliate in base ai principi di proporzionalità e non disparità di trattamento”. E’ quanto spiega a Agimeg, il giudice Nicola Fenicia, del Tar Veneto, riferendosi alle normative antislot adottate dai Comuni. In sostanza, prendendo come esempio quello della piazza storica, il divieto di aprire sale scommesse dovrebbe essere esteso anche a altri tipi di esercizio che ugualmente minano il decoro. Oppure, se si vogliono evitare ripercussioni sul traffico, il Comune dovrebbe spiegare perché non si possa realizzare un parcheggio, o un percorso alternativo. “I Comuni invece” prosegue Fenicia, “non possono giustificare i loro interventi sulla sola necessità di contrastare le ludopatie, visto che non hanno competenze in materia di salute. La distanza dai luoghi sensibili non ha uno scopo urbanistico, ma solo sanitario. Oltretutto, quando si tratta di giochi, c’è una legge nazionale che riserva allo Stato la competenza, i Comuni hanno solamente un ruolo consultivo in sede di Conferenza Unificata”. Tuttavia in molti casi sono le Regioni – che hanno competenza in materia di sanità – a delegare ai Comuni l’adozione di misure contro le ludopatie. “Sì, però questo sistema” obietta, “rappresenta una stortura nell’ordinamento, perché si crea una frammentazione di interventi contro le ludopatie. Specie laddove le Regioni incaricano i Comuni di individuare i luoghi sensibili e quantificare le distanze. A quel punto ogni Comune interviene in maniera discrezionale e si finisce con il determinare una disparità economica tra gli operatori attivi in un comune e quelli in un altro”. Il Tar Bologna, di recente, ha assunto una posizione molto simile, che tuttavia secondo Fenicia non farà scuola: “Il problema è che c’è anche la sentenza della Corte Costituzionale di circa un anno fa. Secondo la Consulta, dall’interpretazione delle norme, i Comuni hanno già un potere di intervenire per arginare le ludopatie. I Comuni, inoltre, quando pianificano la distribuizione delle attività commerciali, dovrebbero anche tenere in considerazione il diritto alla salute dei cittadini. Una pronuncia che insomma va in senso opposto”. L’unica soluzione quindi “è una regolamentazione dei luoghi sensibili a livello nazionale. A quel punto le norme regionali e comunali incompatibili dovrebbero essere disaplicate. E’ quanto si è fatto con le antenne radiotelevisive: i parametri di sicurezza per tutelare i cittadini dai campi elettromagnetici sono stati stabiliti a livello nazionale. I Comuni a quel punto non hanno potuto adottare discipline difformi”. gr/AGIMEG