Consiglio di Stato conferma le fasce orarie di Roma Capitale per slot e vlt: “Spegnere le macchine negli orari non consentiti non viola la convenzione”

Il Consiglio di Stato conferma i limiti orari fissati da Roma Capitale per il funzionamento degli apparecchi da intrattenimento e respinge il ricorso intentato da un operatore. Il provvedimento del Comune stabilisce che le macchine possano rimanere accede dalle 9 alle 12, e dalle 18 alle 23, per un totale quindi di 8 ore al giorno. L’operatore ha provato dapprima a sostenere che il regolamento violi l’accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni, l’intesa infatti consentiva di spegnere le macchine al massimo per 6 ore al giorno. IL Consiglio di Stato però replica che l’accordo non è stato trasposto dal Ministero con decreto. Quando la disciplina di un settore investe più materie e si crea un conflitto di competenze tra Stato e Regioni, “lo Stato attribuisce per legge a sé stesso un potere di indirizzo e coordinamento”, dopo però che è stata raggiunta una “Intesa in sede di Conferenza unificata”. Nel caso del gioco, tuttavia, “Il potere di indirizzo e coordinamento non è stato ancora esercitato perché il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze non è stato adottato”. L’operatore ha anche cercato di far leva sul difetto di istruttoria – dal momento che il numero di giocatori patologici in cura presso le ASL è relativamente contenuto – e sulla sproporzione delle fasce orarie. IL Consiglio di Stato conferma che il numero di soggetti in cura non è elevato, ma “La documentazione acquisita da Roma Capitale dimostrava in maniera inequivocabile un aumento del numero di pazienti affetti da GAP trattati nel territorio comunale (e regionale) nel corso degli anni (dal 2012 al 2017)”. E sulla proporzione della misura, ricorda che le fasce orarie consentono effettivamente di ridurre l’offerta di gioco; e che comunque negli orari di stop le attività possono rimanere aperte vendendo prodotti di altro genere. E ancora, la misura “pur comportando, certamente, una riduzione dei ricavi, e, in questo senso, un costo per i privati, può essere efficacemente sostenuta mediante una diversa organizzazione dell’attività di impresa”. L’operatore infine ha anche provato a far leva sul fatto che, spegnendo le macchine violerebbe la concessione siglata con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Ma i giudici di Palazzo Spada tuttavia non c’è alcuna violazione: “non potrebbe qualificarsi inadempimento ad un obbligo convenzionale il rispetto di una prescrizione imposta da un’ordinanza comunale”. lp/AGIMEG