Zanetti (MEF): “Su modifiche patentini a tabaccherie, tener conto delle interferenze di competenza tra ADM e Ministero della salute”

“Con il documento in esame l’onorevole interrogante, muovendo dall’esperienza applicativa del regolamento ministeriale n. 38 del 2013, che denoterebbe come in piccoli comuni o frazioni abitative risulti difficile l’attivazione di cosiddetto patentini per la vendita di prodotti da fumo, attesa la rigidità della soglia parametrica utile, legata alla redditività dell’esercizio che ne aspira l’acquisizione in funzione del dato dimensionale del comune interessato, chiede se non si ritenga di modificare tale soglia parametrica, abbassandola. L’effetto applicativo delle attuali soglie, anche di valore più basso, sarebbe invero quello che in centri urbani piccoli non si riuscirebbe ad attivare nuovi patentini ovvero si correrebbe il rischio di veder chiudere quelli esistenti. Al riguardo, sentita l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, vale, introduttivamente, una breve premessa di utile inquadramento della questione”. Lo ha detto ieri in commissione Finanze alla Camera il sottosegretario al MEF, Zanetti, rispondendo a un’interrogazione presentata dall’on. Paglia (SEL) sulla difficoltà a ottenere i patentini per la rivendita di generi di monopolio, nei piccoli centri. “In primo luogo occorre ricordare che, fin dai tempi della legge fondamentale di settore (legge n. 1293 del 1957) e del suo regolamento di attuazione – ha spiegato Zanetti – la rete dei cosiddetti patentini costituisce un mero ed esclusivo complemento di quella delle rivendite di tabacchi. In altri termini, il cosiddetto patentino non costituisce un surrogato della rivendita (nel senso che possa essere ammesso in sostituzione o alternativa all’attivazione di una rivendita) sibbene un punto di vendita (del resto parziale, giacché nel cosiddetto patentino non si vende l’intera gamma dei prodotti che si possono trovare in una rivendita) aggiuntivo ed integrativo della rete delle rivendite, lì dove si dimostri in concreto che la domanda sia superiore all’offerta soddisfatta dalle rivendite presenti e, del resto, non ricorrano i presupposti per l’apertura di nuove ed ulteriori rivendite. In parole povere, la presenza di un cosiddetto patentino in tanto si giustifica in quanto ricorra una « esigenza di servizio » pubblico, intesa quale esigenza di dover soddisfare una domanda (di prodotti da fumo) di per sé superiore all’offerta già soddisfatta dalle rivendite presenti, qualora di queste ultime non sia possibile istituirne di nuove. In quest’antica e tradizionale ottica si spiega dunque perché, da sempre, per l’attivazione o il rinnovo di un cosiddetto patentino sia sempre stata pretesa la dimostrazione che, presso un dato esercizio pubblico (dove il cosiddetto patentino andrebbe attivato o rinnovato), esista un « movimento » di clienti/consumatori che – oltre ad altri prodotti – chiedano anche la vendita di un certo quantitativo minimo di prodotti da fumo (quello la cui domanda, appunto, non riesce ad essere soddisfatta dalla sola rete distributiva costituita dalle rivendite)”. In ogni caso, “per tradizione, lo stato delle cose ha denotato che la formazione e l’allargamento della rete di vendita di prodotti da fumo (integrata, come detto, dalla rete complementare dei cosiddetti patentini) si è andata sviluppando più secondo logiche meramente mercantili che non in funzione di logiche maggiormente attente ad un reale rapporto fra effettive domande ed offerte di prodotti da fumo, tra l’altro mitigata complessivamente da un occhio attento a contenere la proliferazione dei punti di vendita di prodotti da fumo, e ciò per esigenze legate a strategie di lotta al tabagismo. Il regolamento n. 38 del 2013 ha costituito occasione per invertire possibilmente questo trend storico. Non a caso il regolamento è stato il frutto di una stretta concertazione di merito fra il Ministero dell’economia e delle finanze ed il Ministero della salute, proprio per condividere soluzioni che fossero in grado di coniugare l’esigenza di soddisfare la domanda di prodotti da fumo sul territorio con la controesigenza, però, di non indulgere in acritiche e generalizzate tendenze incrementative della rete distributiva, costituita sia dalle rivendite sia dai cosiddetti patentini” Ciò spiega, – ha aggiunto il sottosegretario – “le disposizioni contenute negli articoli 8 e 9 del regolamento, dedicati rispettivamente al tema dei rilasci e dei rinnovi dei cosiddetti patentini. Per i primi, l’articolo 8, comma 3, lettera d), pretende che il richiedente, per la prima volta, un cosiddetto patentino sia in grado di dimostrare il proprio reddito negli ultimi due periodi d’imposta. Con questo si vuole che un esercizio commerciale già esista e prosperi sufficientemente (rispetto alla qual cosa il cosiddetto patentino deve poter costituire un di più commerciale per quell’esercizio) e non, al contrario, come spesso desiderato dai richiedenti, che l’attivazione di un cosiddetto patentino funga da innesco per il decollo di altre attività commerciali” Per i rinnovi, “l’articolo 9, comma 3, lettera a), del regolamento pretende che, per conseguirli, l’esercente possa dimostrare almeno un valore complessivo medio annuo di vendite di prodotti da fumo pari o superiore ad euro 24.000 per i comuni (tra cui ricadono, dunque, quelli più piccoli) con popolazione fino a 10.000 abitanti. In sede di prima attivazione di un cosiddetto patentino, il titolare dell’esercizio che lo desidera deve dimostrare che l’esercizio effettivamente esista già e produca una sufficiente redditività (in altri termini, che sia frequentato da una dose di pubblico, che acquista, idonea a far ragionevolmente prospettare una futura sufficiente richiesta e vendita di prodotti da fumo, ossia, in altri termini, una possibile domanda di tabacchi già non soddisfatta dall’offerta data dalla rete esistente delle rivendite). L’analisi, in queste circostanze, è gestita evidentemente in una logica prognostica. In occasione del primo rinnovo (e di quelli successivi) del cosiddetto patentino, invece, il regolamento pone una soglia minima di vendite rigida e non palesemente inefficace, nell’ottica di non favorire una prescindente dilatazione della rete dei punti di offerta di tabacchi. E questo, come detto, con occhio attento alle esigenze della salute e di evitare che la rete pubblica di offerta di tabacchi funga da innesco alla ovvero da alimentazione della pratica del fumo. Pratica, questa, politicamente e socialmente ormai non più accettata con leggerezza, a partire dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità”. Premesso ciò, “l’onorevole interrogante  – ha evidenziato Zanetti – rileva una rarefazione della rete di offerta di prodotti da fumo sul territorio, per sopravveniente difficoltà di attivazione o rinnovo di cosiddetti patentini – osservando che « le rivendite di tabacchi, oltre a rappresentare l’unico punto di ritrovo, svolgono anche un’importante funzione di presidio sociale ». Per questo auspica, sostanzialmente, il ritorno ad un allentamento dei criteri di attivazione e rinnovo, quanto meno, dei cosiddetti patentini. L’Agenzia rileva che, al riguardo, occorre tener conto delle forti interferenze tematiche con le attribuzioni proprie del Ministero della salute. La valutazione, peraltro, implica anche l’analisi di un altro punto di vista. Per modificare i contenuti di ciò che è stato il regolamento n. 38 del 2013 occorre invero, oggi, un intervento a livello di fonte primaria, tenuto conto della ormai intervenuta legificazione del regolamento ad opera dell’articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995, come inseritovi dall’articolo 11, comma 22, del decreto-legge n. 76 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 99 del 2013. im/AGIMEG