Il gioco pubblico Italia uno dei comparti con più alta pressione fiscale. Carico fiscale 2-3 volte superiore alle attività ordinarie. L’esempio di slot e vlt. Difficile trovare risorse sostitutive – di Roberto Fanelli

Dai dati diffusi dal Ministero dell’economia e delle finanze (vedi Agimeg di lunedì 11 gennaio) emerge che il 2020 registrerà, per quanto riguarda le entrate tributarie dai giochi, un minor gettito di circa 5 miliardi di euro. Tale dato è “inquinato” dal fatto che il MEF registra le entrate per il gioco del Lotto al “lordo”, considerando cioè come entrata la raccolta complessiva (al lordo delle vincite, che vengono registrate tra le uscite del bilancio). Può stimarsi, quindi, che il minor gettito da giochi sarà un po’ inferiore a quella cifra, pari comunque ad almeno 4 miliardi di euro.

Se si considera che dal Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativo al 2019 emerge che degli 11,4 miliardi di euro di entrate complessive, circa 6,7 miliardi provengono dagli apparecchi (AWP e VLT), pari al 59% del totale e che tale tipologia di gioco è quella più colpita dalle chiusure disposte per fronteggiare la pandemia (insieme al gioco del Bingo che, però pesa circa l’1,6% in termini di entrate), può stimarsi che dei 4 md€ di minori entrate “almeno” 3 saranno attribuibili al gioco mediante apparecchi, che corrispondono più o meno alla metà del gettito complessivo proveniente da tale comparto (coerente con il periodo di chiusura del gioco pubblico).

Si ricorda, infatti, che le attività delle sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò sono state chiuse l’8 marzo 2020 fino a metà giugno e nuovamente sospese a partire dal 26 ottobre 2020 (art. 1, comma 9, lett. l), del DPCM 24.10.2020). Per quasi tutto questo periodo il gioco mediante apparecchi da intrattenimento è stato vietato anche presso esercizi aperti al pubblico, come bar e tabaccherie. Si tratta, quindi, di circa 6 mesi di inattività, per cui la stima di minore entrate provenienti da questo settore, pari all’incirca a poco meno del 50% del gettito 2019, appare coerente. E ciò senza considerare il prelievo sulle vincite da VLT le cui aliquota ha subito un sensibile aumento con la legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 733) e che, quindi, rispetto alla previsioni di cassa, incrementerà la perdita di gettito.

Considerato l’andamento della pandemia in questo scorcio di nuovo anno e le decisioni del Governo, non è possibile, al momento, sapere quando le attività di gioco potranno riprendere nel pieno della loro operatività, per cui il “buco” di bilancio causato dallo stop alle attività da gioco è verosimilmente destinato ad aumentare.

Lo scenario velocemente descritto consente alcune riflessioni in un ottica medio lunga, alla luce della riforma del comparto annunciata dalla “Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020”. L’abolizione del gioco pubblico o di parte di esso (in particolare, del gioco mediane apparecchi da intrattenimento) o comunque la sua forte limitazione, che viene spesso proposta in diverse occasioni e da diversi protagonisti, si accompagna raramente alle conseguenti – ed inevitabili – valutazioni di carattere finanziario, come invece si dovrebbe considerato che il gettito da giochi finisce nella c.d. “fiscalità generale”, contribuendo quindi al finanziamento della spesa pubblica (anche per sanità, scuola, sicurezza, ecc.).

L’art. 88 della Costituzione stabilisce che ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri deve prevedere i mezzi per farvi fronte, per cui se si dovesse decidere di vietare, ad esempio, il gioco mediante apparecchi dovrebbero prevedersi le risorse sostitutive di quelle prodotte da tale attività economica o, in alternativa, dovrebbe ridursi la spesa pubblica di un importo corrispondente.

Restando legati alla realtà – e mettendo in conto che una (drastica?) riduzione della spesa pubblica dovrà comunque essere messa in cantiere per ripagare il vecchio e il nuovo debito pubblico – è evidente che una riduzione del gioco comporterà la necessità di prevedere maggiori entrate sostitutive. In proposito, deve essere evidenziato che quello del gioco pubblico è uno dei comparti a più alta pressione fiscale, in relazione alla “spesa” (insieme al tabacco, all’alcol e ai prodotti energetici, in particolare quelli petroliferi).

Facciamo un esempio considerando le entrate da apparecchi registrate nel 2019 (cfr. Libro Blu dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli). Tenuto conto dei dati della Raccolta (pari a 23 miliardi di euro per le AWP ed a 23,6 miliardi per le VLT) e della percentuale restituita in vincita prevista dalla legge (payout minimo), pari al 68% per le AWP e all’84% per le VLT (art. 1, c. 1051, legge n. 145/2018), emerge che la “spesa” degli italiani, risultante dal “Libro blu”, è stata di 7,1 miliardi di euro per le AWP e 3,1 miliardi per le VLT (n.b.: il payout di mercato degli apparecchi, in particolare di quello delle VLT, è solitamente più alto di quello minimo di legge, per cui la “spesa” relativa a questo settore di gioco è inferiore a quella risultante dall’applicazione del payout minimo). I 7,1 miliardi di spesa delle AWP hanno prodotto un gettito di 4,9 miliardi (pari al 69% della spesa); i 3,1 miliardi delle VLT hanno generato un gettito di 1,8 miliardi (pari al 58%), senza considerare la tassa sulle vincite provenienti da VLT e il canone concessorio. In pratica, quindi, 100 euro di spesa nelle AWP producono, solo come imposte sui giochi (PREU), un gettito erariale di 69 euro mentre 100 euro di spesa nelle VLT producono un gettito (PREU) di 58 euro.

Il ricavo netto che resta alla filiera dopo aver pagato il PREU, cioè 31% dalle AWP e 42% dalle VLT, è destinato ai “fattori della produzione” (cioè ai dipendenti, agli investimenti, ai servizi da terzi, agli affitti, agli oneri finanziari, e a quant’altro), alle imposte ordinarie (IRES, ritenute alla fonte, IRAP, IVA) e a remunerare il capitale di rischio. Se le somme destinate al gioco venissero impiegate nell’acquisto di beni ad IVA ordinaria (22%), si avrebbe che ogni 100 euro “spesi” l’Erario incasserebbe 18 euro di IVA, l’IRAP sul valore della produzione e l’IRES/IRPEF sul reddito.

Non essendo questa la sede per simulazioni che richiederebbero ben più spazio e la necessità di conoscere i conti economici dell’intera filiera, può ragionevolmente presumersi che il carico fiscale sulle attività di gioco sia almeno pari a 2/3 volte quello sulle attività ordinarie. Pertanto, per avere un gettito paragonabile a quello che deriva dai giochi tramite apparecchi occorrerebbe impiegare in altri comparti produttivi (che non siano i tabacchi e l’alcol) una somma che va dal doppio al triplo di quella spesa nel gioco oppure raddoppiare o triplicare le aliquote delle imposte ordinarie ad oggi vigenti. rf/AGIMEG